Da BassanoPiù corsivo di Marco Milioni: La serata del 10 ottobre a Cassola dimostra che attorno alla questione Spv la tensione non si è mai sopita. All'evento, organizzato dal battagliero comitato contro il gassificatore di Cassola hanno partecipato molte persone. Decisamente nutrita la pattuglia degli esponenti locali del Pd che, pur con i numerosi distinguo, hanno digerito, o professano di avere digerito, malvolentieri una scelta considerata da molti cittadini calata dall'alto.
Ed è in questo contesto che va letto lo sfogo di Mauro Beraldin. Quest'ultimo non è un militante qualsiasi del Pd, ma il presidente del consiglio comunale di Bassano. La città più importante tra quelle attraversate dalla costruenda Spv. E mercoledì Berladin ha strappato un'ovazione mista ad applausi (non solo degli aficionados democratici) quando il suo intervento ha raggiunto l'apice: «In Italia c'è stata indignazione per il caso Fiorito. Ma la Pedemontana Veneta è una porcheria mille volte più del caso Fiorito». Potrebbe sembrare la trovata mediatica di un politico non di primo pelo vista la sua esperienza in consiglio provinciale. Difficile fare il processo alle intenzioni mentre non è da sottovalutare il peso dei bocconi amari che la base del Pd ha dovuto inghiottire.
Lo iato però è evidente se si guarda a ciò che accade a livello nazionale dove Pd, Pdl, Lega ed Udc hanno votato compatti la norma che mantiene in vita il commissariato straordinario per la Pedemontana Veneta. Una norma che ha salvato l'infrastruttura da una morte certa per carenze giuridiche, economiche e non solo.
Ed è da questa circostanza che nasce l'imbarazzo dei democratici veneti e vicentini. I quali quando si sta sul piano delle enunciazioni di principio non disdegnano le intemerate più colorite, mentre quando sono in parlamento di fatto sono obbligati, in alcuni casi ben volentieri, ad assecondare i diktat di quelle forze economiche che pur al di fuori dell'agone politico influenzano la stessa politica con un pressing più o meno felpato. Felpato ma micidiale. E così per il caso della Spv al Pd è toccata la stessa sindrome della Ederle bis. Contestare alcuni aspetti contingenti è pressoché impossibile se non si mette in discussione l'intero sistema alla base dello scompenso denunciato, anche dai democratici.
Perciò in questo frangente i sostenitori di una critica più radicale, come il M5S, hanno gioco più facile ad intercettare il dissenso di tante persone. Pur con tutti i limiti degli attivisti grillini, che spesso dimostrano una cultura politica quanto meno superficiale.
Gridare contro la Spv e poi affiancare ai volantini del comitato No Gassificatore quelli del rottamatore Pd Matteo Renzi è un'operazione di maquillage «politicante» che forse avrebbe avuto più chance di successo 25 anni fa. Non oggi con i chiari di luna che ci sono. Può «il turboliberista Blairian-Thatcheriano filo MarchionneRenzi» fare «il Beppe Grillo fighetto» senza cadere in contraddizione o «nel ridicolo» come ritengono gli attivisti del M5S?
In questo contesto torna utile citare un piccolo episodio accaduto a margine del simposio. Verso la fine della serata Francesco Celotto (nella foto), uno dei supporter più in vista del M5S di Bassano ha notato un giovane che sistemava i volantini «pro Renzi» sul tavolo della reception dell'auditorium Vivaldi. Un istante dopo lo stesso Celotto ha gettato un'occhiataccia verso il giovane dicendo: «Ma tu non eri quello che veniva alle nostre riunioni? Perché scappi dopo che ti ho visto depositare i santini di Renzi?».
L'episodio seppur piccolo (la serata è stata commentata dallo stesso Celotto in una intervista pubblicata suLasberla.net) serve a dare la dimensione dell'incertezza e della doppiezza che stanno fermentando nel Paese. E di fronte al malcontento un pezzo della base del Pd si sente ovviamente fra incudine e martello. Da una parte l'avanzare delle forze «protestatarie». Dall'altra i diktat dei dominus economici, vuoi nazionali vuoi locali, ai quali per convenienza, per convinzione o per mancanza di idee non si riesce a dire di no. Presi così nel mezzo, anche volendo rifarsi una verginità, è difficile trovare spazi di manovra politica ed è difficile andar lontano. E non perché c'è lo spauracchio del M5S. Ma perché c'è un'era esausta che sta crollando addosso ad una generazione esausta che mai è stata abituata al combattimento.
Ed è da questa circostanza che nasce l'imbarazzo dei democratici veneti e vicentini. I quali quando si sta sul piano delle enunciazioni di principio non disdegnano le intemerate più colorite, mentre quando sono in parlamento di fatto sono obbligati, in alcuni casi ben volentieri, ad assecondare i diktat di quelle forze economiche che pur al di fuori dell'agone politico influenzano la stessa politica con un pressing più o meno felpato. Felpato ma micidiale. E così per il caso della Spv al Pd è toccata la stessa sindrome della Ederle bis. Contestare alcuni aspetti contingenti è pressoché impossibile se non si mette in discussione l'intero sistema alla base dello scompenso denunciato, anche dai democratici.
Perciò in questo frangente i sostenitori di una critica più radicale, come il M5S, hanno gioco più facile ad intercettare il dissenso di tante persone. Pur con tutti i limiti degli attivisti grillini, che spesso dimostrano una cultura politica quanto meno superficiale.
Gridare contro la Spv e poi affiancare ai volantini del comitato No Gassificatore quelli del rottamatore Pd Matteo Renzi è un'operazione di maquillage «politicante» che forse avrebbe avuto più chance di successo 25 anni fa. Non oggi con i chiari di luna che ci sono. Può «il turboliberista Blairian-Thatcheriano filo MarchionneRenzi» fare «il Beppe Grillo fighetto» senza cadere in contraddizione o «nel ridicolo» come ritengono gli attivisti del M5S?
In questo contesto torna utile citare un piccolo episodio accaduto a margine del simposio. Verso la fine della serata Francesco Celotto (nella foto), uno dei supporter più in vista del M5S di Bassano ha notato un giovane che sistemava i volantini «pro Renzi» sul tavolo della reception dell'auditorium Vivaldi. Un istante dopo lo stesso Celotto ha gettato un'occhiataccia verso il giovane dicendo: «Ma tu non eri quello che veniva alle nostre riunioni? Perché scappi dopo che ti ho visto depositare i santini di Renzi?».
L'episodio seppur piccolo (la serata è stata commentata dallo stesso Celotto in una intervista pubblicata suLasberla.net) serve a dare la dimensione dell'incertezza e della doppiezza che stanno fermentando nel Paese. E di fronte al malcontento un pezzo della base del Pd si sente ovviamente fra incudine e martello. Da una parte l'avanzare delle forze «protestatarie». Dall'altra i diktat dei dominus economici, vuoi nazionali vuoi locali, ai quali per convenienza, per convinzione o per mancanza di idee non si riesce a dire di no. Presi così nel mezzo, anche volendo rifarsi una verginità, è difficile trovare spazi di manovra politica ed è difficile andar lontano. E non perché c'è lo spauracchio del M5S. Ma perché c'è un'era esausta che sta crollando addosso ad una generazione esausta che mai è stata abituata al combattimento.
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