lunedì 22 dicembre 2025

Il Veneto davanti al proprio “ultimo orizzonte”

Il Veneto non è arrivato alla crisi ambientale per fatalità. Ci è arrivato perché per anni un sistema di potere — economico, politico, amministrativo — ha scelto il silenzio.  E oggi, mentre le motivazioni della sentenza Miteni mettono nero su bianco responsabilità e omissioni, quel silenzio pesa come un macigno. Non si tratta solo di PFAS.  Si tratta dei PFBA, i “fratelli minori” dei PFAS, meno discussi, meno monitorati, meno raccontati. Sostanze che scorrono nelle falde e nei corpi con la stessa ostinazione, ma che hanno goduto di un’attenzione pubblica quasi nulla.  Perché?  Perché disturbano. Perché aprono un capitolo nuovo, ancora più scomodo, in una storia che molti vorrebbero chiudere in fretta.

Il giudizio: la Terra parla, ma qualcuno fa finta di non sentire

Le falde contaminate non sono un’opinione. Sono un fatto.  Eppure, per anni, chi avrebbe dovuto vigilare ha preferito guardare altrove.  Non solo sulla chimica industriale, ma anche sulle infrastrutture costruite sopra materiali di dubbia provenienza, sulle sabbie di fonderia riciclate e interrate sotto autostrade, sulle discariche fallite che diventano tombe chimiche senza custodi. È un sistema che ha funzionato così:  

- si produce,  

- si smaltisce dove capita,  

- si costruisce sopra,  

- si tace,  

- e si spera che nessuno scavi.

La sentenza Miteni https://drive.google.com/file/d/1dILx1n4J45tSKU3Yt-Dh6-wlw3Rm_tNs/view?usp=drivesdk è un giudizio, sì, ma è anche uno specchio.  E nello specchio non si riflettono solo gli imputati: si riflette un’intera filiera di responsabilità diffuse.

Responsabilità e salvezza: basta con la retorica della “crescita”

Per anni, ogni critica veniva liquidata come “ambientalismo ideologico”.  Ogni richiesta di trasparenza veniva bollata come ostacolo allo sviluppo.  Ogni dubbio sulle sabbie di fonderia, sui materiali di riempimento, sulle discariche improvvisate veniva derubricato a paranoia. Il risultato è sotto gli occhi di tutti:  

- infrastrutture costruite su materiali che nessuno vuole analizzare troppo a fondo,  

- discariche fallite che nessuno vuole bonificare,  

- sostanze come i PFBA che scorrono indisturbate perché non fanno notizia. La responsabilità non è solo degli inquinatori: è di chi ha protetto il loro operato con il silenzio.

Un orizzonte cosmico: il Veneto come laboratorio del “capitalismo dell’occultamento”

Il Veneto è diventato un laboratorio di un modello economico che funziona così:  

• si produce ricchezza per pochi,  

• si distribuiscono i danni su molti,  

• si costruiscono infrastrutture che nascondono sotto l’asfalto ciò che non si vuole vedere.

È un capitalismo che non innova: sotterra.  Non investe: copre.  Non risolve: sposta il problema più in là, sotto un’autostrada, dentro una discarica fallita, dentro una falda che nessuno controlla davvero. E quando qualcuno chiede conto dei PFBA, delle sabbie di fonderia, dei materiali di riempimento?  Arriva il solito ritornello: “Non allarmiamo la popolazione”.

Superare l’antropocentrismo… e l’omertà istituzionale

La crisi ambientale veneta non è solo un problema ecologico: è un problema culturale.  È l’idea che il territorio sia una risorsa da spremere, non una comunità da custodire.  È l’idea che il profitto giustifichi tutto, anche il silenzio. Superare l’antropocentrismo significa anche superare l’idea che l’uomo — o meglio, alcuni uomini — possano decidere cosa finisce sotto un’autostrada, cosa si scarica in una falda, cosa si può tacere senza conseguenze.

Verso una redenzione ecologica: rompere il silenzio, prima di tutto

Il messaggio escatologico della vicenda Miteni è chiaro:  la fine non è inevitabile, ma lo diventa se si continua a tacere. Il Veneto ha davanti due strade. Continuare a coprire, sotterrare, minimizzare,  oppure affrontare finalmente ciò che per anni è stato nascosto:  i PFBA, le sabbie di fonderia, le discariche fallite, le infrastrutture costruite sopra materiali che nessuno vuole nominare. 

La redenzione ecologica non comincia con le bonifiche: comincia con la verità.  E oggi, più che mai, il Veneto deve decidere se vuole continuare a vivere sopra ciò che ha sotterrato — o se vuole finalmente guardarlo in faccia.

mercoledì 17 dicembre 2025

PFAS e Pedemontana Veneta: CoVePA lancia l’allarme sui rischi per le acque potabili che servono anche Padova e chiede al Comune verifiche, monitoraggi e azioni di tutela.


Il Coordinamento Veneto Pedemontana Alternativa (CoVePA), attraverso il vicepresidente e legale rappresentante Arch. Massimo Maria Follesa, ha trasmesso una segnalazione ufficiale al Sindaco di Padova e agli assessori competenti per richiamare l’attenzione sui potenziali impatti della contaminazione da PFAS, in particolare PFBA, legati alla realizzazione della Superstrada Pedemontana Veneta e alla gestione delle terre e rocce da scavo.

Secondo quanto riportato, la dispersione dei materiali di scavo in oltre 29 siti, l’ampliamento dell’impianto ex Safond Martini (oggi Silva srl) nel Vicentino e le recenti varianti allo Studio di Impatto Ambientale pongono seri interrogativi sulla tutela delle falde idriche, in un territorio caratterizzato da una forte interconnessione degli acquiferi.

CoVePA evidenzia il rischio di interferenze sulle acque profonde, sulle risorgive e sul campo pozzi che alimenta anche l’acquedotto del Comune di Padova, con possibili conseguenze dirette sulla qualità dell’acqua potabile destinata ai cittadini.

sabato 29 novembre 2025

INIZIATIVA DELL'ORDINE DEI MEDICI E DELLA DIOCESI DI VICENZA SUGLI INQUINAMETI DA PM E PFAS. Impressioni a caldo


Sebbene sia una iniziativa di contesto… vogliamo rompere le uova nel paniere con un post … crediamo sia doveroso che chi fa parte del CoVePA sia presente, in sala ci siamo con il nostro portavoce e riportiamo le sue impressioni a caldo.

Iniziative come quella di oggi presso la Diocesi di Vicenza costituiscono una ottima base di partenza per ampliare lo spettro della discussione su inquinamento, ambiente e salute. Il fatto che si sia fatto cenno robusto alla situazione drammatica ascrivibile alla presenza di Pfas ovvero di Pfba in riferimento ai cantieri della Superstrada Pedemontana Veneta è un passo in avanti importante per inquadrare un problema cruciale. Che ha a che fare con un vero e proprio tabù: quello dell'impiego dei Pfas-Pfba nelle grandi opere e nella grande cantieristica.

mercoledì 19 novembre 2025

Monitoraggi mancanti dei siti di deposito delle terre e rocce da scavo della SPV: cosa emerge dalla nuova relazione ARPAV

 


📄 Il documento completo è disponibile qui: https://drive.google.com/file/d/1OPmTJ-91tlpd-awIsDidEbTxNI2jXM40/view?usp=drivesdk

La nuova relazione ARPAV sui PFBA (acido perfluorobutanoico) nelle gallerie della Superstrada Pedemontana Veneta e nei siti di deposito delle terre e rocce da scavo (TRS) getta nuova luce su un problema rimasto finora in ombra: l’assenza di monitoraggi completi nei siti in cui sono state conferite grandi quantità di materiali potenzialmente contaminati.

1. Gallerie di Malo e Sant’Urbano: PFBA nei drenaggi

Le indagini ricostruiscono una cronologia che parte dal 2021, quando ARPAV intercetta il PFBA sia nel fiume Poscola sia nelle acque di drenaggio della Galleria di Malo. Le autorizzazioni vengono aggiornate con l’obbligo di usare filtri a carboni attivi, ma nel 2023 emergono pesanti criticità legate a impianti non funzionanti e scarichi modificati senza comunicazioni preventive. Dal 2023–2025 entrano in funzione nuovi impianti di trattamento, e oggi la mediana dei valori risulta sotto il limite imposto (500 ng/l), anche se resta in corso la valutazione del secondo anno.

2. Possibili effetti sulla falda

Alcuni pozzi della zona nord (Dueville–Villaverla) hanno mostrato valori anomali di PFBA. Uno studio idrogeologico ipotizza un contributo da nord, ma la rete piezometrica attuale non permette di identificare una sorgente univoca.

3. Discariche e cave sotto osservazione

ARPAV ha analizzato diverse discariche e cave. In alcuni casi i valori di PFBA risultano bassi o decrescenti, in altri – come nella discarica Terraglioni o nella cava Cavedagnona – si registrano picchi significativi. Tuttavia, in più siti mancano ancora dati fondamentali per valutare la reale diffusione nella falda.

4. Terre e rocce da scavo: 29 siti coinvolti, monitoraggi incompleti

I volumi di materiale movimentato sono enormi: oltre 7 milioni di m³, di cui più di 3,3 milioni destinati a siti esterni. La relazione elenca 29 siti di conferimento, la maggior parte privi di rete piezometrica, rendendo impossibile valutare l’eventuale dispersione degli inquinanti. Le analisi mostrano: valori variabili e in alcuni casi molto elevati nelle acque di ruscellamento, presenza di PFBA in alcune terre depositate, con concentrazioni anche molto disomogenee.

5. Il nodo irrisolto: i siti TRS senza monitoraggi

Le conclusioni del documento, coerenti con quanto già emerso nelle commissioni tecniche regionali, sono nette:

🔍 i monitoraggi dei siti di deposito delle terre e rocce da scavo sono insufficienti o del tutto assenti, e rappresentano l’area più critica da approfondire.

6. Le principali richieste di approfondimento

ARPAV indica tre ambiti prioritari:

1. Siti di deposito TRS, dove mancano ancora reti di controllo adeguate;

2. Discariche e cave ad alto rischio, tra cui Vianelle e Terraglioni;

3. Pozzi a nord dell’area, in particolare tra Dueville e Villaverla.

Conclusione

Nonostante l’attivazione dei nuovi impianti di trattamento e alcuni miglioramenti negli scarichi, la relazione ARPAV conferma che la gestione delle terre e rocce da scavo della SPV rappresenta un fronte ancora aperto. La mancanza di monitoraggi sistematici nei siti di deposito impedisce una valutazione completa dei rischi per la falda e per il territorio. La trasparenza dei dati e l’attivazione di nuove reti di controllo saranno quindi determinanti per chiarire l’estensione e l’evoluzione della contaminazione da PFBA.

venerdì 14 novembre 2025

PFAS: quando la ricostruzione sui PFBA non regge. Il vuoto logico nella tesi di Cordiano

Nel confronto pubblico sui PFAS, serve rigore, figuriamoci su quello sui PFBA della Pedemontana Veneta. È proprio per questo il ragionamento proposto dal dott. Vincenzo Cordiano merita attenzione critica: la sua ricostruzione presenta un evidente vuoto logico.

Cordiano sostiene che i PFAS provenienti dall’area Miteni potrebbero essere risaliti contro il flusso delle acque superficiali e sotterranee fino a raggiungere le gallerie di Malo e Castelgomberto, trasformandosi poi in PFBA. Una possibilità che definisce “non definitivamente escludibile su base scientifica. Ma tale affermazione poggia su un passaggio irrisolto: non viene mostrato alcun meccanismo idrogeologico in grado di spiegare contemporaneamente:
1. la migrazione massiccia degli inquinanti verso sud, verso est a ovest di Vicenza e sud-ovest, fino alla pianura tra Verona, Vicenza e Padova, e
2. un flusso opposto, diretto a nord, verso le gallerie della SPV.

sabato 8 novembre 2025

Allarme PFBA in Pedemontana Veneta: il COVEPA diffonde la nuova relazione .

Il Coordinamento Veneto Pedemontana Alternativa (COVEPA) ha preparato un nuovo esposto, segnalando la contaminazione da PFBA, un derivato dei PFAS, nei cantieri della Superstrada Pedemontana Veneta (SPV). L’esposto si basa sulla Relazione tecnico-scientifica CRE-ETF 15/2025 dell’ISPRA, commissionata dal MASE, che documenta criticità nella gestione dei materiali di scavo e nelle acque di drenaggio delle gallerie di Malo e Sant’Urbano. Si è avvalso anche della nuova relazione del dottor Andrea Sottani, che registra 661.000 ng/L di PFBA all’uscita del tunnel di Malo–Castelgomberto, confermando un grave danno ambientale in corso

Dati chiave della contaminazione:
  • Concentrazioni di PFBA fino a decine di migliaia di ng/L in piezometri, pozzi e acque di scarico;
  • Superamento dei limiti normativi di 30-240 volte il massimo consentito per l’acqua potabile (100 ng/L);
  • Terre e rocce di scavo contaminate distribuite in cave tra Bassano del Grappa e Montecchio Maggiore;
  • Possibile contaminazione della falda profonda dell’Alta Pianura Vicentina.
Il COVEPA intende continuare a costituirsi parte offesa, richiedendo verifiche amministrative e penali e completa trasparenza sugli adempimenti ministeriali. ci baseremo sui dati acquisiti con la relazione ISPRA, il verbale del Tavolo Tecnico regionale e la relazione a firma del Dott. A. Sottani di cui è entrato in possesso recentemente.

venerdì 7 novembre 2025

PFAS A COSTABISSARA: DICHIARAZIONI SCIENTIFICAMENTE INSPIEGABILI IN UN CONTESTO DI GRAVE COMPROMISSIONE AMBIENTALE DERIVANTE DAI PFBA IMPIEGATI NEI TUNNEL SPV

Nel corso dell’incontro pubblico “Acqua e PFAS”, organizzato da Alleanza Verdi e Sinistra il 4 novembre 2025 presso la Sala delle Rose del Centro Elisa Conte di Costabissara, si è verificato un episodio che desta forte preoccupazione.

Il Dott. Francesco Bertola, presidente di ISDE Vicenza, ha infatti sostenuto all’inizio del suo intervento, che i PFBA deriverebbero dalla degradazione dei PFOA, proiettando una slide a supporto di tale tesi ma senza fornire alcuna spiegazione in merito alle condizioni sperimentali, alle fonti o alle circostanze in cui questo processo sarebbe stato osservato.

Tali dichiarazioni gravi,visto che il contesto è  quello degli inquinamenti diretti con i pfba dal tunnel SPV a Malo e nel torrente Orolo, appaiono scientificamente confuse e inopportune, soprattutto in un contesto come quello di Costabissara, dove da agosto 2025 il pozzo dell’acquedotto comunale è stato dotato di filtri a carboni attivi in seguito alla compromissione del torrente Orolo. Secondo rilevazioni tecnichedi ARPAV e ISPRA, infatti, la contaminazione dell’Orolo risulterebbe correlata agli sversamenti di acque di drenaggio provenienti dal tunnel Malo–Castelgomberto della Superstrada Pedemontana Veneta, in corrispondenza del sito di San Tomio di Malo. Ulteriori fonti, legate alla conferenza dei servizi avviata dall’assessorato regionale competente, riporterebbero valori di PFBA pari a circa 500 ng per litro d’acqua.