mercoledì 3 dicembre 2014

Pedemontana “tossica”: galleria addio

Alla fine Silvano Vernizzi, il supercommissario alla Pedemontana Veneta, ha dovuto ammetterlo: pur tra mille prudenze la Spv tra Montecchio e Trissino dovrà abbandonare la galleria per sposare un più tradizionale percorso in superficie. Detta così sembra una inezia progettuale. E invece la modifica, se si concretizzerà, si renderà necessaria a causa della «bomba ecologica» che si trova sotto la zona industriale di Trissino in corrispondenza della Miteni, un tempo Rimar-Marzotto. 
Gli scarti di lavorazione accumulati negli anni avrebbero prodotto una sacca di sostanze pericolosissime, i “pfoa”, che attraverso il sistema di falda hanno già pesantemente colpito l’ovest Vicentino, la bassa Veronese e la bassa Padovana per un bacino di residenti potenzialmente interessati pari a 350.000 persone. Questo almeno dice un voluminoso studio del Cnr, rilanciato da Arpa Veneto, rispetto al quale si attendono ulteriori accertamenti anche in relazione alle interferenze del tracciato della Spresiano Montecchio. Argomento che Vvox, prima tra le testate venete e nazionali, aveva sollevato con un reportage del 22 ottobre. 
A dirla grezzamente i tecnici dell’assessorato all’ambiente, ma soprattutto quelli Arpav (che hanno resistito a pressioni di ogni tipo, si vocifera a palazzo Ferro Fini) avrebbero stabilito che se la superstrada dovesse andare in galleria tra Trissino e Montecchio Maggiore, il bubbone sotterraneo a base di pfoa, perforato dal tunnel, spargerebbe «il suo pus chimico» ancora più rapidamente, creando un rischio incalcolabile nell’acqua potabile di Montecchio Maggiore per poi espandersi verso il bacino dell’Agno e del Fratta. Va ricordato infatti che non sono pochi i centri, nel Vicentino ma non solo, in cui la Regione è dovuta intervenire con costosissimi filtri per rendere sicura l’acqua. Anche a fronte di una norma che al momento non identifica i pfoa come pericolosi, il che però contraddice la letteratura scientifica in materia nonché gli indirizzi della Ue: questo per esempio è il convincimento di Medicina Democratica. 
Ad ogni modo ieri sera, 2 dicembre, alla Corte delle Filande questa situazione è stata al centro di una sessione speciale della commissione territorio del Comune di Montecchio Maggiore: commissione retta dall’ex sindaco Maurizio Scalabrin (Pd) ed aperta alle domande del pubblico, rispetto alla quale si è segnalata la presenza della giunta leghista capitanata dalla leghista Milena Checchetto (che però non ha mai preso la parola). Il tutto avveniva durante un dibattito in cui Scalabrin, un po’ con le buone un po’ facendo la voce grossa, è riuscito a tenere a bada un uditorio che in diverse circostanze ha avuto parole di fuoco per i relatori, ovvero il commissario alla Spv Vernizzi e il geometra campano Giovanni Salvatore d’Agostino, responsabile della commessa per il consorzio privato Sis. Gli animi si erano scaldati in modo particolare quando i membri della commissione, per bocca del presidente, avevano chiesto al pubblico (quasi quattrocento persone) nonché ai giornalisti presenti di non filmare il dibattito. Una richiesta seppellita sotto il fragore della sala. La partita ha una valenza anche politica. 
Anzitutto si stanno avvicinando le elezioni regionali del 2015. Il Pd veneto dice di non condividere in toto un’opera figlia dell’era Galan e fatta propria dal governatore leghista Luca Zaia. I distinguo dei democratici però non convincono i comitati che parlano di inciucio a quattro tra Lega, Ncd, Pd e Fi. «Il premier democratico Matteo Renzi – spiega il portavoce del Covepa, Massimo Follesa – ci metterebbe cinque minuti, se volesse, a defenestrare il Commissario governativo Vernizzi e riportare a zero l’iter. In serate come quelle di Montecchio ci saremmo aspettai l’assessore regionale all’ambiente, Maurizio Conte, ci ci saremmo aspettati Zaia; e anche Alessandra Moretti, il candidato governatore del Pd, la quale forse – ironizza Follesa – non è venuta perché impegnata dall’estetista». 
Domani la tanto attesa inaugurazione a Trissino del tratto in valle Agno della Spv non ci sarà e verrà sostituita da una non ben precisata messa a suffragio di Santa Barbara, patrona dei minatori, organizzata da Sis. Pesano infatti le incognite tecniche relative alla necessità di cambiarese, sarà cambiato, il tracciato. E pesano le contestazioni, già dure alla inaugurazione di ottobre ad Altivole nel Trevigiano (in foto), che potrebbero ulteriormente inasprirsi. Un segno in tal senso lo si rileva proprio a Montecchio Maggiore nel Vicentino. L’esecutivo leghista non ha mai fatto mistero di non andare matto per l’attuale tracciato della Spv. E rispetto ad altre amministrazioni leghiste non aveva mai ceduto a pressioni particolari affinché il dissenso verso la superstrada fosse in qualche modo attutito presso l’opinione pubblica. Da alcuni giorni però le cose sono cambiate. A palazzo Balbi si parla infatti di una telefonata al vetriolo dell’assessore al bilancio Roberto Ciambetti (Lega) che avrebbe inviato ad alcuni esponenti di spicco della giunta Cecchetto ad allinearsi. C’è un’ultima questione sul tavolo. Forse la più delicata. Se per caso il tracciato sarà modificato, cosa succederà alla procedura che ha portato all’avvio del progetto Spv? Ci sono gli strumenti giuridici che permettono al commissario di non ricominciare partendo da zero? Chi scrive ieri ha sottoposto il quesito direttamente a Vernizzi. Che si è rifiutato di rispondere.

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