http://www.oscarborsato.it/?q=PEF_SPV.
Oggi[1] (2 dicembre 2017- ndr) è un brutto giorno per in nostro territorio, anche se quanto scritto dai giornali, non sono di certo delle novità, dove si aspettava solo l’ufficialità: il bond della S.p.A. Superstarada Pedemontana Veneta è stato piazzato a fondi stranieri non ben identificati. Al momento si sa solo che sono tutti investitori istituzionali, come fondi pensione, banche d’investimento tedesche ed inglesi, fondi pensioni ed assicurazioni. Assente (ndr - Secondo l'articolo comparso il 5 dicembre sul Corriere del Veneto a firma di Martina Zambon a pag 2 e 3 del giornale si sostiene che CDP sia parte del finanziamento del Bond di SPV. Il passaggio sul fondo lussemburghese è alla fine dell"articolo: "resta stretto il riserbo sui nomi degli investitori."Possiamo dire che un terzo di loro è italiano -dice Dogliani-e sono assicurazioni,Fondi di investimento e pensionistici ".L'unico nome che filtra è per le mezzanine, quello del fondo MARGUERITE, un fondo chiuso di investimento lussemburghese cui partecipa CASSA DEPOSITI E PRESTITI cHe aveva già contribuito all'opera con 300 milioni girato poi dalla Regione.") nella partita la Cassa Depositi e prestiti, per ovvi motivi legati ad una propria revisione del PEF e del progetto, nei quali si evidenziava la pericolosità dell’operazione in termini economici legati al rendimento garantito al privato, pari al 10,84%, alle clausole della Terza convenzione[2]ed il volume di traffico che risulta essere del 70% inferiore da quelle stimate dalla Regione nel 2013[3].
Si specifica che CDP ha già acceso un mutuo con la Regione del Veneto, quest’ultima è intestataria dei famosi €300 milioni in conto ai bilanci regionali (140 nel 2018 e nel 2019 di 160) da destinare poi a SIS.
Manca all’appello ancora in sostanza la valutazione da parte della Corte Contabile delle “13 domande” poste da Magistrato Antonio Mazzera, ma tant’è che in sostanza sono stati emessi €1,57 miliardi[4] al costruttore Consorzio SIS (che include Fininc della famiglia Dogliani e gli spagnoli della Sacyr), denaro questo che dovrebbe bastare per completare l’intera tratta di 94,5 km che tocca le province di Vicenza e di Treviso. Liquidità questa che si aggiunge ai €290 milioni della Banca BPM, ai €430 milioni di equity degli sponsor ed ai quasi €915 milioni pubblici versati dallo Stato (circa 615) e dalla Regione (i 300 sopra menzionati). Un totale finale di €3,19 miliardi.
Prima di continuare è giusto precisare la tempistica e la natura di quest’opera: iniziata nel 2009, completato finora il 30% del percorso complessivo, con il termine previsto nel settembre 2020. In pratica in 33 mesi si completerà più del doppio di quanto finora costruito (ed in alcune zone già crollato) in 8 anni. In secondo luogo, l’infrastruttura in questionenon è pubblica, gestita e costruita dalle istituzioni Italiane, è bensì di natura Privata e come tale dovrebbe avere il cosiddetto “rischio d’impresa” e conseguentemente alle casse erariali statali sarebbe dovuta costare €0,00 (zero). Ho usato il condizionale perché così, di fatto, come ho scritto sopra, non lo è.
Nell’articolo scritto nel Corriere del Veneto pag. 5 a firma di Martina Zambon, nell’immagine a testa firmato da “Centimetri”, sono pubblicate alcune caratteristiche tecnico-economiche che non sono corrispondenti alla matematica realtà dei fatti, in quanto si nota che il canone dei 39 anni dato in disponibilità al Consorzio SIS è di €12,3 miliardi con un incasso stimato di €13,4 miliardi, cioè con un incasso utile netto di €1,1 miliardi, una contabilità totalmente difforme da quelle che sono le reali previsioni di traffico. Col nuovo PEF, che determinava solo il canone di disponibilità[5], si dovevano ottenere dei benefici identificabili nell’allineamenti alle operazioni di PPP benchmark in Europa, un risparmio per la Regione[6], una stabilità e certezza dei flussi finanziari e una bancabilità del progetto.
Ora se la matematica non è un opinione i conti non tornano e la SPV rappresenta un onere che graverà sul bilancio della Regione senz’altro a partire dal 2025, per la circostanza che in quell’anno si saturerà la capacità di transito dei veicoli.
I dati che passiamo ad esporvi sono rinvenibili nel Terzo Atto Convenzionale della Superstrada Pedemontana Veneta, che è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione Veneto come allegato B della delibera di Giunta Regionale n. 708 del 16 maggio 2017: si accede alla delibera con il link:https://bur.regione.veneto.it/BurvServices/pubblica/DettaglioDgr.aspx?id=345696 e, andando in fondo si apre il secondo degli allegati.
Con un po’ di pazienza si apre il testo della nuova convenzione stipulata dalla Regione del Veneto con il Concessionario, che riporta la numerazione delle pagine, scritta a mano, in alto a destra. Andando a pag. 107 su 112 si apre il foglio che reca le stime di traffico veicolare. Anno per anno, dal 2020 al 2059, si leggono i flussi di traffico stimato che vanno (penultima colonna dei Flussi Totali MEDI) dai 22.983 ai 65.553 del 2059.
Questi dati vanno incrociati con quelli dei conti economici annuali che si leggono nelle pagine da 40 a 43 del Terzo Atto. Nei conti economici, anno per anno dal 2020 al 2059, sono previsti gli introiti garantiti, incondizionatamente, dalla Regione al Concessionario: si tratta del c.d. “canone di disponibilità” che va dai 165 milioni del 2021 ai 435 milioni del 2059. Soldi che il Terzo Atto (art. 19, c. 1. lett. f pag. 21, art. 21 pag. 23, paragrafo 6 pagg. 63-64 - conti economici annuali pagg. 40-43).
Senza condizioni, ovvero anche se i pedaggi fossero inferiori al canone di disponibilità.
Ne deriva che la differenza fra i pedaggi e i canoni di disponibilità, anno per anno, se negativa, si traduce in un costo che va pagato dal Bilancio della Regione: quindi o riducendo le spese (operazione che avrebbe un forte impatto sui livelli di servizi essenziali, in quanto il bilancio regionale è fatto quasi per intero di spese non comprimibili come la sanità e il sociale) o aumentando le tasse a carico dei Cittadini del Veneto.
Il problema è che la differenza negativa si può calcolare facilmente, come fatto nel prospetto allegato, ed è ingentissima e crescente.
Il prospetto riprende le stime del traffico di pag. 107/112 e le confronta con il traffico che fisicamente una superstrada a due sole corsie, come la SPV, può contenere, considerato che la prima sarà monopolizzata dai veicoli pesanti che non possono superare i 70 km/h e la seconda sarà la sola disponibili per le autovetture, peraltro limitate nella velocità ai 110 km/h.
Il prospetto dimostra che in una tale superstrada il massimo del flusso veicolare transitabile è quello stimato dalla Regione nel 2024. Negli anni successivi la Regione incrementa il traffico stimato, per poter stimare il parallelo aumento dei pedaggi: ma sono dati inverosimili, in quanto non possono fisicamente transitare in un giorno più di 25.632 veicoli leggeri e 6.612 veicoli pesanti: un’auto ogni 5 secondi dalle ore 6:00 alle ore 22:00 sull’intera tratta.
Ne deriva che il traffico superiore stimato rispetto al 2024 non ci sarà perché non ci sta letteralmente: quindi mancheranno gli introiti da pedaggio e la differenza verrà a carico della Regione: il prospetto ne da conto nell’ultima colonna nelle pagine da 3 a 5: si va dagli 8 milioni del 2025 ai 60 milioni del 2030 in un crescendo che farà totalizzare alla fine della concessione 4,737 miliardi di euro di costi a carico del bilancio regionale non sostenibili dai pedaggi.
Il dato sottinteso e non rivelato è quindi la certezza che dal 2025, l’intera Collettività Veneta pagherà la SPV o vedendo ridursi i servizi, come sanità o sociale, oppure vedendosi introdurre l’addizionale IRPEF.
In secondo luogo però, va osservato, che questa non era una piega che la vicenda doveva necessariamente prendere: lo è diventata perché al Concessionario (come dimostrano le prime colonne del prospetto) si è voluto garantire un utile stratosferico di 5,7 miliardi a fronte dei 12,1 miliardi complessivi del canone di disponibilità: il tutto certificato, come si è detto sopra, dai conti annuali accettati dalla Regione con il Terzo Atto (pagg. 40-43).
Solo che l’utile normale negli appalti pubblici è del 10%, mentre quello garantito dal bilancio regionale al Concessionario è dell’89%. Risultato raggiunto con una trattativa privata che ha stravolto le condizioni di gara e, almeno, avrebbe dovuto salvaguardare gli interessi economici della Regione; cosa che non è stata con un simile utile netto garantito alla Concessionaria SYS.
Fa sorridere la soddisfazione per il collocamento dei due bond per 1,5 miliardi che traspare dalle cronache del 30 novembre 2017: i Finanziatori non corrono alcun rischio, in quanto garantisce la Collettività Veneta tramite il bilancio regionale, a prescindere dai pedaggi conseguibili, come riportato sopra; i Finanziatori hanno ottenuto tassi fuori mercato dell'8% sul prestito minore (Mezzanine da 350 milioni) e del 5% sull'altro (finanziamento Senior di 1,221 miliardi), quando i tassi di mercato sono al 2,115% (Passante di Mestre) - fonte Corriere del Veneto 10 nov. 2017, pag. 5.
Costi questi inseriti nei conti economici inclusi nel Terzo Atto Convenzionale (vedasi sempre le pagine da 40 a 43), in quanto già a maggio si conoscevano i tassi, 8% e 5%, cui poi a novembre sono stati collocati i due prestiti (vedasi pagina 68/122 del Terzo Atto approvato con la delibera della Giunta Regionale n. 708 del 16 maggio 2017).
Il futuro è giù qui e la Regione dovrebbe chiarire come verrà pagato il sicuro sbilancio fra pedaggi e canone di disponibilità garantito incondizionatamente alla Concessionaria.
Scarica il prospetto con i canoni di disponibilità, l’utile garantito, il calcolo del traffico massimo transitabile e il valore certo dello sbilancio fra pedaggi e canoni dovuto all’impossibilità del passaggio di un numero di veicoli superiore a quello messo in conto per il 2024.
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