martedì 15 marzo 2016

COSA SOSTENIAMO AL CONSIGLIO DI STATO CON LE ATTIVITA'SULLA SPV DI REGIONE VENETO, GOVERNO E COMMISSARIO. resoconto delle nostre osservazioni in dibattimento alla IV sez. contro spv

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Si possono nascondere i problemi di Pedemontana Veneta dietro a una bella esplosione e a una ancora più fantastica rimozione di un ricorso. Chi si aspetta che domani mattina SPV si fermi può stare fresco, non diciamo che ci dispiacerebbe, ma vorrebbe dire che sarebbe fallita l'opera, insieme a un po' di imprese a catena e un'intera classe politica. Noi siamo abituati a stare con i piedi per terra e a guardare bene in faccia la realtà perciò ritorniamo sui problemi quelli veri. 
L'assenza al Consiglio di Stato di SIS e Commissario la dice lunga su quello che potrebbe aspettarci alla luce dei colpi nella galleria di Sant'Urbano in Valle dell'Agno. Nonostante l'euforia di queste ore, il 10 marzo 2016 è stata una giornata importante si è discusso presso la IV sezione del Consiglio di Stato a Roma il ricorso promosso dagli esporiati aderenti al CoVePA contro la Regione Veneto, Il commissario e la SISscpa e contro la Pedemontana Veneta da questi gestita. La mattinata è iniziata in modo teso, poichè ci è stato impedito dalle forze dell'ordine di assistere alla prima parte dell'udienza. I nostri rappresentanti presenti erano trattenuti per accertamenti a causa di foto e striscione sgraditi ai carabinieri e poliziotti presenti. Tutto è stato traslato in avanti e il dibattimento si è svolto nel primo pomeriggio sulle questioni di merito dei ricorsi contro SPV. Il collegio giudicante presieduto dal giudice Patroni Griffi e composto dal relatore Russo e dai consiglieri Greco, Taormina e Spagnoletti ha dato la parola agli avvocati Ianna e Pizzato che rappresentavano i ricorrenti e l'ass. Parco delle Rogge di Bassano del Grappa in tre distinti ricorsi. Gli avvocati dello stato per il commissario di Pedemontana Veneta e della SIS, concessionaria di SPV, nonostante fossero presenti al mattino si sono inspiegabilmente assentati nel pomeriggio. L'avv. Biagini della Regione Veneto é rimasto sorprendentemente da solo a difendere quanto contestavamo ed è stato non poco in difficoltà nel replicare alle censure.

Secondo le controparti la natura di “opera strategica” avvalorerebbe l’utilizzo fuori dall'ordinamento delle norme eccezionali contenute agli artt. 2 e 5 della L. n. 225/1992, come se fosse l' “importanza” dell’opera a rendere applicabile la norma in questione. Quella norma serve a fronteggiare le emergenze e non ad agevolare la costruzione delle opere “strategiche”, delle quali si occupa invece un altro sistema di norme ordinarie e già applicate in modo straordinario con la legge obiettivo. Nel corso dell'udienza si è sottolineato come l’abuso degli istituti emergenziali appaia ancora più clamoroso in quanto, per mezzo di essi, è stata assoggettata ad un regime emergenziale e derogatorio la realizzazione di una opera stradale in project financing, che dovrà essere finanziata da privati (con capitali ancora non reperiti) e che sarà utilizzabile solo a pagamento.

Regione, SIS e governo non hanno risposto con efficacia alle osservazioni giuridiche riguardanti il difetto di motivazione della dichiarazione di emergenza. Nel caso di SPV e più in generale la pubblica amministrazione è tenuta quantomeno ad accertare e dimostrare l’effettiva sussistenza dei presupposti di eccezionalità, e per questo deve esplicitarli con sufficiente determinatezza. Nella Pedemontana Veneta non è stato stimato il volume del traffico che generava l'emergenza, risulta non rilevato il grado di eventuale inquinamento atmosferico o sonoro; tanto meno gli amministratori regionali hanno ritenuto che fossero segnalate le zone interessate dalla congestione, oppure che fossero evidenziati gli elementi di rischio per la salute pubblica, in modo da dare riscontro circostanziato degli elementi tenuti in considerazione.

E' emerso, nel corso del dibattimento, che l'applicazione delle norme di protezione civile per la Pedemontana Veneta sia un fattore al di fuori dell'ordinamento amministrativo. La pretestuosità della richiesta da parte regionale dell'emergenza è dimostrata anche dal fatto che l'opera era già inserita nel programma delle opere pubbliche strategiche e la sua progettazione e realizzazione risultava assistita dalla più favorevole disciplina della “Legge-Obiettivo”.

I vizi riguardano anche l'O.P.C.M. cioè Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3802 del 15/08/2009, nella quale balza all'occhio che essa esorbita inammissibilmente dall’ambito territoriale della emergenza dichiarata con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 31/07/2009. Mentre quest’ultimo individua la situazione emergenziale nel sistema viario “dei Comuni di Treviso e Vicenza”. Ulteriori vizi pesano sulla nomina del commissario delegato, infatti per la risoluzione dell’emergenza individua addirittura il territorio di sua competenza nell' “area interessata dalla realizzazione della Strada a Pedaggio Pedemontana Veneta”. Viene individuato così un diverso “oggetto” dell'emergenza e un diverso ambito territoriale di riferimento.

La Regione Veneto si è arrampicata sugli specchi, poiché ha sostenuto che “lo stato di emergenza sarebbe stato dichiarato per la realizzazione della intera opera Pedemontana Veneta”. Questa sua difesa risibile è demolita dallo stesso decreto di emergenza emanato dal Presidente del Consiglio dei Ministri nel 31/07/2009 e anche da quelli successivi di proroga, nei quali è possibile verificare che lo stato di emergenza risulta riferito sempre e solo al territorio.

Abbiamo sostenuto infine l'illegittimo esercizio dei poteri di deroga da parte del commissario straordinario, poiché questi hanno bisogno di adeguata ed chiara motivazione in occasione dei singoli atti, e con preciso riferimento alle norme e alle ragioni. L'attività del commissario ha derogato alla normativa ordinaria senza motivazione, con la quale si deve fornire riscontro della sua stretta funzionalità/necessità a fronteggiare l’emergenza. In definitiva essa è una extrema ratio a cui è consentito ricorrere solo nei limiti in cui sia indispensabile al raggiungimento dello scopo, onde non aprire la via ad un generalizzato sovvertimento della gerarchia delle fonti e dell'ordine della nostra democrazia. 
 Si chiarisce di seguito nel dettaglio quanto abbiamo sostenuto. Le ordinanze emergenziali sono state strumentalizzate e piegate ad un fine improprio considerando la natura e la consistenza della Pedemontana Veneta – una superstrada a pedaggio di circa 100 Km. di lunghezza inserita nel Corridoio 5 europeo e interconnessa con la rete autostradale dell’intero Nord­Est, come ben illustrato nella memoria della Regione – per comprendere come essa non sia diretta a risolvere una specifica emergenza locale ma si collochi piuttosto nel quadro di uno sviluppo infrastrutturale globale: il che evidenzia quanto sia risibile il tentativo di farla passare (semplicemente) come la soluzione al problema della congestione del traffico “nei Comuni di Treviso e Vicenza” come recita la dichiarazione di emergenza.
Nel corso dell'udienza si è sottolineato come l’abuso degli istituti emergenziali appaia ancora più clamoroso in quanto, per mezzo di essi, è stata assoggettata ad un regime emergenziale e derogatorio la realizzazione di una opera stradale in project financing, che dovrà essere finanziata da privati (con capitali ancora non reperiti) e che sarà utilizzabile solo a pagamento. Cioé una attività di impresa privata costruita per decreto di emergenza! É infatti profondamente fuori dall'ordinamento amministrativo che l’emergenza venga fronteggiata mediante un’opera che si configura ad ogni effetto come un investimento imprenditoriale privato.

Regione, SIS e governo non hanno risposto con efficacia alle osservazioni giuridiche riguardanti il difetto di motivazione della dichiarazione di emergenza. Nel caso di SPV e più in generale la pubblica amministrazione è tenuta quantomeno ad accertare e dimostrare l’effettiva sussistenza dei presupposti di eccezionalità, e per questo deve esplicitarli con sufficiente determinatezza. Non può certo bastare, come è accaduto in SPV, un generico riferimento alla congestione del traffico e alla sua potenziale pericolosità per consentire la realizzazione di una superstrada a pagamento di 100 chilometri in deroga a gran parte della normativa ordinaria di materia. Regione e Governo hanno omesso la “situazione di fatto” che doveva, a monte, essere adeguatamente verificata, esternata e motivata nei suoi caratteri.

Nella Pedemontana Veneta non è stato stimato il volume del traffico che generava l'emergenza, risulta non rilevato il grado di eventuale inquinamento atmosferico o sonoro, tanto meno gli amministratori regionali hanno ritenuto che fossero segnalate le zone interessate dalla congestione, oppure che fossero evidenziati gli elementi di rischio per la salute pubblica, in modo da dare riscontro circostanziato degli elementi tenuti in considerazione. Tutti fattori che non sono mai emersi dalle attività della Regione Veneto e della Protezione Civile. Questi aspetti sono fondanti per ogni attività amministrativa che su queste basi deve motivare per quali ragioni – e in relazione a quali elementi di valutazione – il fenomeno, che fino a quel momento era stato ritenuto “ordinario”, venga ad assumere da un dato momento i caratteri di una vera e propria “emergenza”. Dalle attività svolte dalla Regione Veneto in relazione alla SPV non emergerebbero in modo incontrovertibile le circostanze e gli apprezzamenti che l'hanno indotta, in uno specifico momento, a ritenere che la situazione abbia oltrepassato i limiti della “ordinarietà” e dunque abbia potuto essere considerata straordinaria. Così intesa la dichiarazione di emergenza, non è elemento sufficiente a dimostrare la sussistenza di un evento o di un fenomeno suscettibile di mettere in pericolo interessi fondamentali, ma occorre altresì che tale evento o fenomeno non sia fronteggiabile con gli strumenti ordinari, cosa che invece abbiamo dimostrato ampiamentee che la Regione Veneto ha trascurato quasi a prioristicamente subito dopo l'affidamento della cocessione a SISscpa nel 2009.

Per tanto è emerso, nel corso del dibattimento, che l'applicazione delle norme di protezione civile per la Pedemontana Veneta sia un fattore al di fuori dell'ordinamento amministrativo. La pretestuosità della richiesta da parte regionale dell'emergenza è dimostrata anche dal fatto che l'opera era già inserita nel programma delle opere pubbliche strategiche e la sua progettazione e realizzazione risultava assistita dalla più favorevole disciplina della “Legge-Obiettivo”, che semplificava le procedure e accelerava i relativi adempimenti.

I vizi che abbiamo presentato riguardano anche Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3802 del 15/08/2009, nella quale balza all'occhio che essa esorbita inammissibilmente dall’ambito territoriale della emergenza dichiarata con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 31/07/2009. Mentre quest’ultimo individua la situazione emergenziale nel sistema viario “dei Comuni di Treviso e Vicenza”, la O.P.C.M. già nel suo oggetto si riferisce ad una asserita emergenza “nel territorio delle province di Treviso e Vicenza”, affermando poi erroneamente anche nelle sue premesse (5° “Visto”) che il D.P.C.M. avrebbe dichiarato l’emergenza “nel territorio delle province di Treviso e Vicenza”. Questo è un primo radicale travisamento che vizia irrimediabilmente l’atto di attribuzione dei poteri al Commissario Straordinario.

La nomina del commissario delegato ha un secondo grave travisamento, infatti per la risoluzione dell’emergenza individua addirittura il territorio di sua competenza nell' “area interessata dalla realizzazione della Strada a Pedaggio Pedemontana Veneta”. Viene individuato così un diverso “oggetto” dell'emergenza e un diverso ambito territoriale di riferimento, che non corrisponde né a quello del D.P.C.M. né a quello delle premesse della stessa O.P.C.M. Tutto ciò travolge anche gli atti di rinnovo e proroga dell'emergenza, nei quali il riferimento ai “Comuni” si rinviene non solo nel D.P.C.M. 31/07/2009 ma anche nel D.P.C.M. 22/12/2012 e nel D.P.C.M. 01/12/2014. Quest’ultimo, peraltro, afferma testualmente che l’emergenza è finalizzata alla “riorganizzazione del sistema viario dei Comuni di Treviso e Vicenza”, a ulteriore conferma che solo questo è l’ambito territoriale coinvolto. E tale riferimento, nonostante quanto ha ritenuto la sentenza dell'agosto 2015 del TAR Lazio, contro cui abbiamo fatto appello, non è mai stato cambiato.

La Regione Veneto ha replicato arrampicandosi sugli specchi, poiché ha sostenuto che “lo stato di emergenza sarebbe stato dichiarato per la realizzazione della intera opera Pedemontana Veneta”. Questa sua difesa risibile è demolita dallo stesso decreto di emergenza emanato dal Presidente del Consiglio dei Ministri nel 31/07/2009 e anche da quelli successivi di proroga, nei quali è possibile verificare che lo stato di emergenza risulta riferito sempre e solo al territorio.

Abbiamo sostenuto infine l'illegittimo esercizio dei poteri di deroga da parte del commissario straordinario, poiché questi hanno bisogno di adeguata ed chiara motivazione in occasione dei singoli atti, e con preciso riferimento alle norme e alle ragioni. Questa attività è consentita solo a condizione che “sia specificato il nesso di strumentalità tra lo stato di emergenza e le norme di cui si consente la temporanea sospensionestando al medesimo Consiglio di Stato, nrl giudizio della Sez. IV 28/10/2011 n. 5799. L'attività del commissario ha derogato alla normativa ordinaria senza motivazione, con la quale si deve fornire riscontro della sua stretta funzionalità/necessità a fronteggiare l’emergenza. In definitiva essa è una extrema ratio a cui è consentito ricorrere solo nei limiti in cui sia indispensabile al raggiungimento dello scopo, onde non aprire la via ad un generalizzato sovvertimento della gerarchia delle fonti e dell'ordine della nostra democrazia. Ebbene, laddove una tale motivazione non si rinvenga nella O.P.C.M. di nomina del Commissario e di definizione dei suoi poteri, essa deve essere esplicitata dal Commissario medesimo ogni qual volta ritenga di dover fare ricorso in concreto alla deroga, sempre ovviamente nel contesto delle norme ritenute derogabili (in via generale) dalla O.P.C.M.. Nel caso di specie la O.P.C.M. non ha motivato in alcun modo il ricorso alla deroga, per cui la motivazione doveva essere data di volta in volta dal Commissario nei sui atti: il che non è avvenuto. Non è sufficiente richiamare la O.P.C.M. che aveva contemplato la derogabilità delle norme di legge ordinarie, in quanto “con tale rinvio l'organo straordinario altro non ha fatto che richiamare un potere di deroga astrattamente conferitogli, ma non ha in alcun modo dimostrato di star legittimamente esercitando tale potere nel caso specifico: non ha, in altri termini, giustificato l'indispensabilità della deroga alla normativa …, per come attuata in concreto, rispetto alla situazione di emergenza” (Cons. St., Sez. IV, 29/07/2008, n. 3726). Di qui l’illegittimità dei provvedimenti assunti dal Commissario (approvazione del progetto definitivo, del progetto definitivo, degli atti espropriativi) in deroga alle norme ordinarie, dal momento che essi non esplicitano le ragioni di indispensabilità della deroga stessa.

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