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Si possono nascondere i problemi di Pedemontana Veneta dietro a una bella esplosione e a una ancora più fantastica rimozione di un ricorso. Chi si aspetta che domani mattina SPV si fermi può stare fresco, non diciamo che ci dispiacerebbe, ma vorrebbe dire che sarebbe fallita l'opera, insieme a un po' di imprese a catena e un'intera classe politica. Noi siamo abituati a stare con i piedi per terra e a guardare bene in faccia la realtà perciò ritorniamo sui problemi quelli veri.
L'assenza al Consiglio di Stato di SIS e Commissario la dice lunga su quello che potrebbe aspettarci alla luce dei colpi nella galleria di Sant'Urbano in Valle dell'Agno. Nonostante l'euforia di queste ore, il 10 marzo 2016 è stata una giornata importante si è discusso presso la IV sezione del Consiglio di Stato a Roma il ricorso promosso dagli esporiati aderenti al CoVePA contro la Regione Veneto, Il commissario e la SISscpa e contro la Pedemontana Veneta da questi gestita. La mattinata è iniziata in modo teso, poichè ci è stato impedito dalle forze dell'ordine di assistere alla prima parte dell'udienza. I nostri rappresentanti presenti erano trattenuti per accertamenti a causa di foto e striscione sgraditi ai carabinieri e poliziotti presenti. Tutto è stato traslato in avanti e il dibattimento si è svolto nel primo pomeriggio sulle questioni di merito dei ricorsi contro SPV. Il collegio giudicante presieduto dal giudice Patroni Griffi e composto dal relatore Russo e dai consiglieri Greco, Taormina e Spagnoletti ha dato la parola agli avvocati Ianna e Pizzato che rappresentavano i ricorrenti e l'ass. Parco delle Rogge di Bassano del Grappa in tre distinti ricorsi. Gli avvocati dello stato per il commissario di Pedemontana Veneta e della SIS, concessionaria di SPV, nonostante fossero presenti al mattino si sono inspiegabilmente assentati nel pomeriggio. L'avv. Biagini della Regione Veneto é rimasto sorprendentemente da solo a difendere quanto contestavamo ed è stato non poco in difficoltà nel replicare alle censure.
L'assenza al Consiglio di Stato di SIS e Commissario la dice lunga su quello che potrebbe aspettarci alla luce dei colpi nella galleria di Sant'Urbano in Valle dell'Agno. Nonostante l'euforia di queste ore, il 10 marzo 2016 è stata una giornata importante si è discusso presso la IV sezione del Consiglio di Stato a Roma il ricorso promosso dagli esporiati aderenti al CoVePA contro la Regione Veneto, Il commissario e la SISscpa e contro la Pedemontana Veneta da questi gestita. La mattinata è iniziata in modo teso, poichè ci è stato impedito dalle forze dell'ordine di assistere alla prima parte dell'udienza. I nostri rappresentanti presenti erano trattenuti per accertamenti a causa di foto e striscione sgraditi ai carabinieri e poliziotti presenti. Tutto è stato traslato in avanti e il dibattimento si è svolto nel primo pomeriggio sulle questioni di merito dei ricorsi contro SPV. Il collegio giudicante presieduto dal giudice Patroni Griffi e composto dal relatore Russo e dai consiglieri Greco, Taormina e Spagnoletti ha dato la parola agli avvocati Ianna e Pizzato che rappresentavano i ricorrenti e l'ass. Parco delle Rogge di Bassano del Grappa in tre distinti ricorsi. Gli avvocati dello stato per il commissario di Pedemontana Veneta e della SIS, concessionaria di SPV, nonostante fossero presenti al mattino si sono inspiegabilmente assentati nel pomeriggio. L'avv. Biagini della Regione Veneto é rimasto sorprendentemente da solo a difendere quanto contestavamo ed è stato non poco in difficoltà nel replicare alle censure.
Secondo
le controparti la natura di “opera strategica” avvalorerebbe
l’utilizzo fuori dall'ordinamento delle norme eccezionali
contenute agli artt. 2 e 5 della L. n. 225/1992, come se fosse l'
“importanza” dell’opera a rendere applicabile la norma in
questione. Quella norma serve a fronteggiare le emergenze e non
ad agevolare la costruzione delle opere “strategiche”,
delle quali si occupa invece un altro sistema di norme ordinarie
e già applicate in modo straordinario con la legge obiettivo. Nel
corso dell'udienza si è sottolineato come l’abuso degli
istituti emergenziali appaia ancora più clamoroso in quanto,
per mezzo di essi, è stata assoggettata ad un regime emergenziale e
derogatorio la realizzazione di una opera stradale in project
financing, che dovrà essere finanziata da privati (con
capitali ancora non reperiti) e che sarà utilizzabile solo a
pagamento.
Regione,
SIS e governo non hanno risposto con efficacia
alle osservazioni giuridiche riguardanti il difetto di motivazione
della dichiarazione di emergenza. Nel caso di SPV e più in generale
la pubblica amministrazione è tenuta quantomeno ad accertare e
dimostrare l’effettiva sussistenza dei presupposti di
eccezionalità, e per questo deve esplicitarli con sufficiente
determinatezza. Nella Pedemontana Veneta non è stato stimato il
volume del traffico che generava l'emergenza, risulta non rilevato
il grado di eventuale inquinamento atmosferico o sonoro; tanto
meno gli amministratori regionali hanno ritenuto che fossero
segnalate le zone interessate dalla congestione, oppure che
fossero evidenziati gli elementi di rischio per la salute pubblica,
in modo da dare riscontro circostanziato degli elementi tenuti in
considerazione.
E'
emerso, nel corso del dibattimento, che l'applicazione delle
norme di protezione civile per la Pedemontana Veneta sia un
fattore al di fuori dell'ordinamento amministrativo. La pretestuosità
della richiesta da parte regionale dell'emergenza è dimostrata anche
dal fatto che l'opera era già inserita nel programma delle
opere pubbliche strategiche e la sua progettazione e
realizzazione risultava assistita dalla più favorevole
disciplina della “Legge-Obiettivo”.
I
vizi riguardano anche l'O.P.C.M. cioè Ordinanza
del Presidente del Consiglio dei Ministri
n. 3802 del 15/08/2009, nella quale balza all'occhio che
essa esorbita inammissibilmente dall’ambito territoriale della
emergenza dichiarata con il Decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri del 31/07/2009. Mentre quest’ultimo individua la
situazione emergenziale nel sistema viario “dei Comuni di Treviso e
Vicenza”. Ulteriori vizi pesano sulla nomina del commissario
delegato, infatti per la risoluzione dell’emergenza individua
addirittura il territorio di sua competenza nell' “area interessata
dalla realizzazione della Strada a Pedaggio Pedemontana
Veneta”. Viene individuato così un diverso “oggetto”
dell'emergenza e un diverso ambito territoriale di riferimento.
La
Regione Veneto si è arrampicata sugli specchi, poiché ha
sostenuto che “lo stato di emergenza sarebbe stato dichiarato
per la realizzazione della intera opera Pedemontana Veneta”.
Questa sua difesa risibile è demolita dallo stesso decreto di
emergenza emanato dal Presidente del Consiglio dei Ministri nel
31/07/2009 e anche da quelli successivi di proroga, nei quali è
possibile verificare che lo stato di emergenza risulta riferito
sempre e solo al territorio.
Abbiamo
sostenuto infine l'illegittimo
esercizio dei poteri di deroga da parte del commissario
straordinario, poiché
questi hanno bisogno di
adeguata
ed chiara
motivazione in occasione dei singoli atti, e con
preciso riferimento alle
norme e alle ragioni. L'attività
del commissario ha
derogato
alla normativa ordinaria senza
motivazione,
con la quale si deve
fornire riscontro della
sua stretta funzionalità/necessità a fronteggiare l’emergenza. In
definitiva essa è
una extrema ratio
a cui è consentito ricorrere solo nei limiti in cui sia
indispensabile al raggiungimento dello scopo, onde non aprire la via
ad un generalizzato sovvertimento della gerarchia delle fonti e
dell'ordine della nostra democrazia.
Nel
corso dell'udienza si è sottolineato come l’abuso degli istituti
emergenziali appaia ancora più clamoroso in quanto, per mezzo di
essi, è stata assoggettata ad un regime emergenziale e derogatorio
la realizzazione di una opera stradale in project financing, che
dovrà essere finanziata da privati (con capitali ancora non
reperiti) e che sarà utilizzabile solo a pagamento. Cioé una
attività di impresa privata costruita per decreto di emergenza! É
infatti profondamente fuori dall'ordinamento amministrativo che
l’emergenza venga fronteggiata mediante un’opera che si
configura ad ogni effetto come un investimento imprenditoriale
privato.
Regione,
SIS e governo non hanno risposto con efficacia alle osservazioni
giuridiche riguardanti il difetto di motivazione della dichiarazione
di emergenza. Nel caso di SPV e più in generale la pubblica
amministrazione è tenuta quantomeno ad accertare e dimostrare
l’effettiva sussistenza dei presupposti di eccezionalità, e
per questo deve esplicitarli con sufficiente determinatezza. Non
può certo bastare, come è accaduto in SPV, un generico
riferimento alla congestione del traffico e alla sua
potenziale pericolosità per consentire la realizzazione di una
superstrada a pagamento di 100 chilometri in deroga a gran
parte della normativa ordinaria di materia. Regione e Governo hanno
omesso la “situazione di fatto” che doveva, a monte, essere
adeguatamente verificata, esternata e motivata nei suoi
caratteri.
Nella
Pedemontana Veneta non è stato stimato il volume del traffico che
generava l'emergenza, risulta non rilevato il grado di eventuale
inquinamento atmosferico o sonoro, tanto meno gli amministratori
regionali hanno ritenuto che fossero segnalate le zone
interessate dalla congestione, oppure che fossero evidenziati gli
elementi di rischio per la salute pubblica, in modo da dare riscontro
circostanziato degli elementi tenuti in considerazione. Tutti fattori
che non sono mai emersi dalle attività della Regione Veneto e della
Protezione Civile. Questi aspetti sono fondanti per ogni attività
amministrativa che su queste basi deve motivare per quali ragioni –
e in relazione a quali elementi di valutazione – il fenomeno, che
fino a quel momento era stato ritenuto “ordinario”, venga ad
assumere da un dato momento i caratteri di una vera e propria
“emergenza”. Dalle attività svolte dalla Regione Veneto in
relazione alla SPV non emergerebbero in modo incontrovertibile le
circostanze e gli apprezzamenti che l'hanno indotta, in uno specifico
momento, a ritenere che la situazione abbia oltrepassato i limiti
della “ordinarietà” e dunque abbia potuto essere considerata
straordinaria. Così intesa la dichiarazione di emergenza, non è
elemento sufficiente a dimostrare la sussistenza di un evento o
di un fenomeno suscettibile di mettere in pericolo interessi
fondamentali, ma occorre altresì che tale evento o fenomeno non
sia fronteggiabile con gli strumenti ordinari, cosa che invece
abbiamo dimostrato ampiamentee che la Regione Veneto ha trascurato
quasi a prioristicamente subito dopo l'affidamento della cocessione a
SISscpa nel 2009.
Per
tanto è emerso, nel corso del dibattimento, che l'applicazione delle
norme di protezione civile per la Pedemontana Veneta sia un fattore
al di fuori dell'ordinamento amministrativo. La pretestuosità della
richiesta da parte regionale dell'emergenza è dimostrata anche dal
fatto che l'opera era già inserita nel programma delle opere
pubbliche strategiche e la sua progettazione e realizzazione
risultava assistita dalla più favorevole disciplina della
“Legge-Obiettivo”, che semplificava le procedure e accelerava
i relativi adempimenti.
I
vizi che abbiamo presentato riguardano anche Ordinanza del Presidente
del Consiglio dei Ministri n. 3802 del 15/08/2009, nella quale
balza all'occhio che essa esorbita inammissibilmente dall’ambito
territoriale della emergenza dichiarata con il Decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri del 31/07/2009. Mentre quest’ultimo
individua la situazione emergenziale nel sistema viario “dei Comuni
di Treviso e Vicenza”, la O.P.C.M. già nel suo oggetto si
riferisce ad una asserita emergenza “nel territorio delle province
di Treviso e Vicenza”, affermando poi erroneamente anche nelle sue
premesse (5° “Visto”) che il D.P.C.M. avrebbe dichiarato
l’emergenza “nel territorio delle province di Treviso e
Vicenza”. Questo è un primo radicale travisamento che vizia
irrimediabilmente l’atto di attribuzione dei poteri al Commissario
Straordinario.
La
nomina del commissario delegato ha un secondo grave travisamento,
infatti per la risoluzione dell’emergenza individua addirittura il
territorio di sua competenza nell' “area interessata dalla
realizzazione della Strada a Pedaggio Pedemontana Veneta”.
Viene individuato così un diverso “oggetto” dell'emergenza e
un diverso ambito territoriale di riferimento, che non
corrisponde né a quello del D.P.C.M. né a quello delle premesse
della stessa O.P.C.M. Tutto ciò travolge anche gli atti di rinnovo e
proroga dell'emergenza, nei quali il riferimento ai “Comuni” si
rinviene non solo nel D.P.C.M. 31/07/2009 ma anche nel D.P.C.M.
22/12/2012 e nel D.P.C.M. 01/12/2014. Quest’ultimo, peraltro,
afferma testualmente che l’emergenza è finalizzata alla
“riorganizzazione del sistema viario dei Comuni di Treviso e
Vicenza”, a ulteriore conferma che solo questo è l’ambito
territoriale coinvolto. E tale riferimento, nonostante quanto ha
ritenuto la sentenza dell'agosto 2015 del TAR Lazio, contro cui
abbiamo fatto appello, non è mai stato cambiato.
La
Regione Veneto ha replicato arrampicandosi sugli specchi, poiché ha
sostenuto che “lo stato di emergenza sarebbe stato dichiarato
per la realizzazione della intera opera Pedemontana Veneta”.
Questa sua difesa risibile è demolita dallo stesso decreto di
emergenza emanato dal Presidente del Consiglio dei Ministri nel
31/07/2009 e anche da quelli successivi di proroga, nei quali è
possibile verificare che lo stato di emergenza risulta riferito
sempre e solo al territorio.
Abbiamo
sostenuto infine l'illegittimo esercizio dei poteri di deroga da
parte del commissario straordinario, poiché questi hanno bisogno
di adeguata
ed chiara
motivazione in occasione dei singoli atti, e con
preciso riferimento alle
norme e alle ragioni. Questa
attività è consentita
solo a condizione che “sia
specificato il nesso di strumentalità tra lo stato di emergenza e le
norme di cui si consente la temporanea sospensione”
stando al medesimo
Consiglio
di Stato,
nrl giudizio della Sez.
IV 28/10/2011 n. 5799. L'attività
del commissario ha
derogato
alla normativa ordinaria senza
motivazione,
con la quale si deve
fornire riscontro della
sua stretta funzionalità/necessità a fronteggiare l’emergenza. In
definitiva essa è
una extrema ratio
a cui è consentito ricorrere solo nei limiti in cui sia
indispensabile al raggiungimento dello scopo, onde non aprire la via
ad un generalizzato sovvertimento della gerarchia delle fonti e
dell'ordine della nostra democrazia.
Ebbene, laddove una tale motivazione non si rinvenga nella O.P.C.M.
di nomina del Commissario e di definizione dei suoi poteri, essa deve
essere esplicitata dal Commissario medesimo ogni qual volta ritenga
di dover fare ricorso in concreto alla deroga, sempre ovviamente nel
contesto delle norme ritenute derogabili (in via generale) dalla
O.P.C.M.. Nel caso di specie la O.P.C.M. non ha motivato in alcun
modo il ricorso alla deroga, per cui la motivazione doveva essere
data di volta in volta dal Commissario nei sui atti: il che non è
avvenuto. Non è
sufficiente richiamare la
O.P.C.M. che aveva contemplato la derogabilità delle norme di legge
ordinarie, in quanto “con
tale rinvio l'organo straordinario altro non ha fatto che richiamare
un potere di deroga astrattamente conferitogli, ma non ha in alcun
modo dimostrato di star legittimamente esercitando tale potere nel
caso specifico: non ha, in altri termini, giustificato
l'indispensabilità della deroga alla normativa …, per come attuata
in concreto, rispetto alla situazione di emergenza”
(Cons. St., Sez. IV, 29/07/2008, n. 3726). Di
qui l’illegittimità dei provvedimenti assunti dal Commissario
(approvazione del progetto definitivo, del progetto definitivo, degli
atti espropriativi) in deroga alle norme ordinarie, dal momento che
essi non esplicitano le ragioni di indispensabilità della deroga
stessa.
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