Questo
Natale è stato particolare dal punto di vista delle
infrastrutture.Zaia
ci ha raccontato che è tutto a posto, che la
SIS ci regalerà una infrastruttura per le macchine volanti.
Ha raccontato che è tutto a posto invece è stato smentito dai
fatti. La pedemontana veneta crolla insieme al resto delle
infrastrutture solo che non è ancora finita. Una clessidra si è
aperta nel tunnel della galleria di Malo, che è una clessidra che
testimonia la fine del tempo per chi crede ancora a questo progetto e
a questa infrastruttura.
Al
centro delle
questioni politiche che Zaia nega è entrata la
reiterata polemica sulla revoca delle concessioni autostradali di
Autostrade per l’Italia a
cui lui si vuole legare a doppio filo per le olimpiadi con il
prolungamento della A27.
La
questione delle manutenzioni delle opere invece
ha portato
la ministra Paola
De Micheli
ad ammettere che
ci sono
«troppe
evidenze su scarsa manutenzione»,
vale a dire che
qualcosina
si sono dimenticati di fare per la corretta
gestione delle
infrastrutture che lo stato aveva affidato ai Benetton con la
privatizzazione delle opere autostradali.
Il Caso che ha
scatenato queste riflessioni è stato il
crollo di parte della volta della galleria Bertè sulla A26,
che ha obbligato la chiusura del tunnel, con gravi disagi per chi
viaggia in autostrada. Ma
non è stata solo questo episodio, dopo i limiti strutturali dei
viadotti italiani (quasi 2000) evidenziati da Report per il 10% di
questi secondo il ministero delle infrastrutture è stata la volta di
numerosi tunnel a dimostrare limiti strutturali. Fa
paura la rassegna fotografica delle gallerie allagate
in Liguria che sono apparse sulla stampa on line, con numerose e
ripetute infiltrazioni di acqua attraverso le strutture di
calcestruzzo tanto da chiuderle a ripetizione. Si
tratta di opere inaugurate negli anni 70-80. l’A26 collega
Genova-Voltri con Alessandria in Piemonte ed è stata inaugurata nel
1977(gli ultimi tratti negli anni 80 e 90). Il
tunnel Bertè si trova nei pressi di Masone(GE),
un importante centro della Valle Stura nel versante settentrionale
dell’appennino ligure, è attivo da 42 anni e dalla sua volta si
sono staccati 2,5 tonnellate di cemento e massi.
Che
dire allora della Pedemotana
Veneta
che sui
95
km in costruzione
ha quasi
70 km
di opere sotto al livello del terreno a
bagnomaria nella falda pù grande d’Europa? Che dire dei 50 km di
trincee aperte
e in tunnel artificiale?
Che
dire
dei 15
km in galleria naturale e dei km di raccordi dei caselli interrati?
Che dire infine del
suo tunnel principale di 7 km sotto alle colline a est della Valle
dell’Agno tra Malo e Castelgomberto?
Dei
primi che sono ormai numerose
le segnalazioni, gli
allagamenti e i
crolli,
del tunnel
Malo-Castelgomberto
invece vale la pena di ricordare che ormai sono tre i crolli che si
sono ripetuti.
Il primo è avvenuto il 19
aprile del 2016 a
San Tomio
nell’imbocco est,
provocando la morte di Sebastiano La Ganga, per
la quale
la Procura
di Vincenza non ha ancora concluso le indagini. Il
10 settembre 2017 avviene
il secondo catastrofico
crollo quando il tunnel tenta di passare sotto al torrente Poscola
entrando nell’area SIC delle Poscole di Cornedo Vicentino. Ancora
più preoccupante è il
terzo crollo, avvenuto il 17 novembre 2019
a poche centinaia di metri
da contrada Cracchi,
densamente
abitata e a ridosso di una abitazione. Se
è sufficiente un crollo in galleria per convincere anche la ministra
De Micheli a mettere in discussione le concessioni di Autostrade per
l’Italia, perché
tre
crolli in serie del tunnel Malo-Castelgomberto non sono sufficienti
per convincere Zaia ad abbandonare un progetto e rivedere la
concessione della Pedemontana Veneta?
La
risposta vola nel vento, ci
racconta
invece
che è tutto a posto, deride chi avanza dubbi basati
su fatti concreti,
il 5 novembre scorso addirittura
nel silenzio generale Luca
Zaia ci
racconta che la SIS ci regalerà un’autostrada per macchine
volanti. Il
Presidente della Giunta continua a voler tenersi per i prossimi 40
anni di manutenzioni tecnici in evidente difficoltà nel gestire le
complessità dei territori pedemontani veneti.
Ai
nostri dirigenti forse non è chiaro che fine aspetta alle case di
Contrada Cracchi già ampiamente anticipata da quella della contrada
Vallugana di Malo. Soprattutto a molti sembra normale avanzare in una
risorgiva come quella del SIC
delle Poscole tra Castelgomberto e Cornedo Vic.
La
ormai conclamata asenza di valutazione dell’impatto ambientale dal
punto di vista geologico dovrebbe avviare una inchiesta specifica
sulla assenza di verifica di ottemperanza della VIA per la SPV che
ormai da due anni e mezzo abbiamo denunciato alla Procura di Vicenza
e al Mistro Costa. Fatti che sono ampiamente dimostrati dai
ripetuti crolli avvenuti qui, non solo sono devastanti per una zona
umida tutelata dalla normativa ambientale italiana e comunitaria, ma
lo sono soprattutto se valutati da un punto di vista geologico che li
definisce in termini tecnici come sinkholes.
Di solito questo avviene nei bacini idrici naturali, posti al di
sopra di cavità carsiche sottostanti, che periodicamente spariscono
quando i sedimenti sul fondo si disciolgono o
crollano e
fanno scorrere l’acqua al di sotto. È
come se il tappo sul fondo del secchiaio si sciogliesse. Nei casi dei
tunnel sud e nord sotto all’area delle Poscole, la cavità è stata
scavata dall’uomo e il tappo è stato sciolto dall’acqua della
falda che in quest’area allaga i campi da sempre, provenendo
da una delle aree più piovose del Veneto, quella compresa tra
Faedo-Priabona-M.te Palazzo. Tecnicamente si forma una clessidra con
una strozzatura al centro e le migliaia di metri cubi soprastanti si
sciolgono nei tunnel. È
una clessidra geologica ma anche temporale che dimostra che il tempo
sta finendo per i promotori di un’opera priva di un terzo dei
flussi economici perché privi del collegamento con la Valle
dell’Agno e la A4, soprattutto
perché zaia vede macchine volanti nel futuro della Pedemontana
Veneta.
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