DESCRIVENDO GLI SVARIONI DEGLI INGEGNERI SULLA PEDEMONTANA NE ABBIAMO PRESO UNO ANCHE NOI: IL PROF. SIMONINI NON HA REDATTO LA SUA PERIZIA PER LA SI, COME PRECEDENTEMENTE SCRITTO MA PER LA PROCURA, IL CHE ASSUME UNA LUCE ANCORA PIU' INQUIETANTE NELLA VICENDA(ndr).
Una delle ragioni sul perché la galleria naturale di Malo-Castelgomberto sembra normale anche agli occhi di chi la dirige come Luca Zaia con il suo avvocato Corsini e con la sua ingegnere Pellegrini, sta nel fatto che goda di strane continue coperture accademiche a veri e propri svarioni degli ingegneri che Luca Zaia continua a tenersi nella Pedemontana Veneta.
Una delle ragioni sul perché la galleria naturale di Malo-Castelgomberto sembra normale anche agli occhi di chi la dirige come Luca Zaia con il suo avvocato Corsini e con la sua ingegnere Pellegrini, sta nel fatto che goda di strane continue coperture accademiche a veri e propri svarioni degli ingegneri che Luca Zaia continua a tenersi nella Pedemontana Veneta.
Oggi
non ci soffermeremo sui
dubbi
per
i
conti
economici dei flussi
di traffico redatti
e firmati
ing.
Artusato coperti dal su amico professore a Padova Marco
Pasetto e
inseriti nell’accordo di concessione del 2017 con la SIS quale
asseverazione degli scambi economici per i servizi dei
salernitano-piemontesi.
Vogliamo
approfondire una questione che attiene alla smentita da parte del
professore Simonini di ben due relazioni dei Consulenti Tecnici della
Procura, gli
ingegneri Rossitto e Pasqualon,
e del
Giudice delle Indagini Preliminari’ il
prof. Genevois.
Simonini è stato ampiamente citato nella
sentenza del
Giudice
del Tribunale del Riesame di Vicenza
che ha tolto il sequestro su tutti i 7 km della tunnel
Malo-Castelgomberto. Simonini
insegna geotecnica
agli ingegneri e ha sostenuto nella perizia per la PROCURA che «questo
sistema di rinforzo (quello costituito da bulloni ad ancoraggio
puntuale, ndr.) rappresenta, insieme allo strato di calcestruzzo
proiettato applicato contestualmente, il rivestimento di prima fase
della galleria, spesso indicato anche come rivestimento provvisorio.
Esso deve garantire la stabilità
dello scavo durante la costruzione della galleria stessa, che, per
molti aspetti, rappresento il momento più critico nei riguardi della
sicurezza di questa opera. Nel lungo termine la stabilità dello
scavo viene invece garantita dal rivestimento di seconda fase, anche
detto rivestimento definitivo, costituito da uno strato di
calcestruzzo gettato in opera dopo l'installazione
del sistema di impermeabilizzazione,
che viene progettato e verificato trascurando la presenza del sistema
di rivestimento di prima fase, anche per tenere conto di un suo
eventuale deterioramento nel tempo».
Dichiarazione
che il
Giudice del Riesame, il Dott. Miazzi,
fa
propria a
pagina 21
per
rigettare il sequestro ribadendo
in modo quantomeno poco chiaro che «secondo
il consulente tecnico del pubblico ministero(SImonini ndr), come pure per il
consulente di parte Chiaia, tutte le componenti la cui funzione
statica è
provvisoria e/o provvisionale non sono assoggettate all'obbligo di
marcatura CE, in quanto esse o sono rimosse alla fine della fase di
cantiere oppure, se lasciate nell'opera, non contribuiscono alle
prestazioni strutturali permanenti, ovvero durante la vita nominale
della costruzione».
Innanzitutto
non comprendiamo come il dottor Miazzi non abbia deciso di avvalersi
di una sua propria consulenza tecnica, così da giungere ad un parere
ulteriore che facesse sintesi sulle due visioni tecnico
ingegneristiche che si contrapponevano nel suo giudizio. In
particolare la questioni dei chiodi messi e non messi che avrebbero
causato la morte di La Ganga e soprattutto se quelli utilizzati siano
in grado di tutelare la vita di chi opera
sotto alla galleria e di chi
vi
transiterà in futuro. Va
ricordato che con quelle metodologie e con quei materiali è stata
conclusa la Galleria di Trissino, non sappiamo se e chi l’abbia
collaudata. Si
perché sul mercato vi sono aziende in grado di fornire chiodature
certificate e anche di zona, come quelle impiegate nella trattenuta
della frana del Rotolon a Campogrosso.
In
secondo luogo la questione ha una ricaduta sulla dottrina tecnica
dell’ingegneria, infatti le formulazioni del dottor Simonini sono
in ampia contraddizione con la manualistica fondamentale
dell’ingegneria, in particolare con la bibbia degli ingegneri, il
Colombo pubblicato dalla Hoepli (ed.2015).
In esso si afferma nella
sezione relativa alla costruzione delle gallerie
che
«il
rivestimento
è formato da: calcestruzzo
proiettato; rete elettrosaldata; centine metalliche ove necessarie;
ancoraggi; arco rovescio; impermeabilizzazione; anello interno
definitivo di calcestruzzo da eseguirsi dopo un periodo di
assestamento. Ogni elemento strutturale contribuisce alla resistenza
totale del rivestimento nella configurazione finale».
Certo
si potrà dire che è un manuale superato, ma non abbiamo trovato
alcuna documentazione scientifica che lo contraddica, saremmo lieti
che Simonini ce la fornisse.
Infine una ultima cosa appare evidente che se si possono porre in opere
strutture provvisionali non certificate, si fa un bel regalo a tutte
quelle aziende che nei tunnel TAV starebbero lavorando in questo
regine di assenza di certificazione delle chiodature in roccia. Ci
riferiamo al tunnel TAV del Brennero, in avviata fase di costruzione,
a quello che maggioranza e opposizione governative non vedono l’ora
di avviare in Val di Susa per no parlare del cosiddetto terzo valico
. Sarebbe una questione da far tremare le vene ai polsi a tutta
l’industria delle costruzioni stradali italiana, forse incapace di
adeguarsi realmente alle cosiddette norme europee, che prevedono gare
europee e relative certificazioni dei materiali da impiegare in
quelle gare. C’è da chiedersi se un giudice della piccola
provincia di Vicenza non abbia sentito questo peso. In pratica quel
sequestro e quella sentenza per il principio dell’eterogenesi dei
fini avrebbe potuto bloccare l’industria infrastrutturale italiana
per dimostrato ritardo, ma avrebbe contribuito a quello che il
sistema della concorrenza libera ha come obiettivo, l’emergere
dei migliori, di coloro che hanno investito certificandosi in ambito
internazionale. Qualcuno riuscirà a spiegare a Luca Zaia che sta
costruendo un’opera pure male, e gli ordini di architetti e
ingegneri così solerti a sanzionare chi non si aggiorna sapranno
metterci il naso su queste questioni duramente tecniche, magari
guardando anche alla Direzione dei lavori di quest’opera? Ma questa
sarà un’altra puntata.
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