mercoledì 8 maggio 2019

INQUINAMENTO A TRISSINO: LA TOPPA APRE "UN SBREGO" NELLE INFORMAZIONI DELLA REGIONE VENETO E DEL COMUNE

La Regione Veneto con un comunicato della Struttura di Progetto della Superstrada Pedemontana Veneta, lanciato dall’agenzia Veneto Notizie, ha precisato quanto emerso con l’articolo di VicenzaToday.it. A nostra volta siamo costretti a precisare che però in quel comunicato vi sono numerose e gravi contraddizioni che VicenzaToday.it ha ripreso in un secondo articolo in occasione del nostro sopralluogo effettuato ieri e l’altro ieri. Abbiamo verificato la immediata rimozione dei sacconi e che le operazioni devono interessare ancora una ampia parte di materiale contaminato che blocca il tracciato della SPV . Quanto meno il nostro intervento ha dato una accelerazione al fulmicotone ai lavori di rimozione che ha effettuato la ditta Vallortigara nel pomeriggio di ieri, ditta della quale varrebbe la pena di approfondire i trascorsi.
Ai tre amministratori avevamo posto precise richieste sulle questioni più gravi rispetto al generale stato di inquinamento presente a Trissino, riconducibile al vecchio sito Rimar, situato nel ex scuderie di Villa Trissino-Marzotto.
Si tratta di un sito dove dalla seconda metà degli anni 50 e fino alla prima metà degli anni 60 si è iniziato a produrre l’Acido Perfluoro Ottanoico(APO). Su questo nessuna risposta, sembra quasi che il silenzio degli assessori, filtrato dalla responsabile della struttura SPV, sottintenda che ci si debba augurare una deviazione della Pedeveneta attraverso il colle di Trissino, perché la ex Rimar venga al più presto caratterizzata e bonificata con la stessa rapidità dei rinvenimenti nel tracciato di SPV.
La situazione desta notevoli e più gravi preoccupazioni, infatti il comunicato parla ripetutamente di «materiali di origine antropica, già alla vista definibile come rifiuto da destinare a discarica, proveniente da demolizioni», di «materiale inerte», di «materiali interrati derivanti da piccole manutenzione civili (cemento, pali in cemento per vitigni, coperture) e per l’agricoltura(sacchi di nylon, contenitori in plastica, ecc.)oltre a frammenti di cemento amianto molto ridotti», e di «rifiuti derivanti da qualche lavoro di demolizione e agricolo». Dunque tutti materiali da costruzione per ammissione stessa della Regione Veneto: questa è però una evidente contraddizione con il codice CER riportato sui sacchi. Abbiamo documentato che le big bag riportano il codice CER 170503* riferito a terra e rocce contaminate HP7(sostanze cancerogene), stando invece alle dichiarazioni di Regione Veneto che parla di amianto derivante da attività umane, il codice CER corretto dovrebbe essere 170605* per materiali da costruzione contenenti amianto.
Quello che preoccupa di più è il tempo trascorso tra il rinvenimento e lo smaltimento, quattro anni in cui può essere accaduto di tutto e possono essere stato aggiunto al miscuglio qualunque cosa. In pratica si è passati da un rifiuto non pericoloso nel 2015 così a vista, a uno cancerogeno e pericoloso per la salute nel 2017. E’ una questione non indifferente e con risvolti gravi, soprattutto se non si mostrano le carte. La definizione del codice è compito del produttore o del gestore del cantiere, che si attiva in coordinamento con ARPAV. Si vuole far apparire uno stop di 4 anni nel trattamento del materiale sversato, come normale. Viene citato il decreto commissariale n. 61 del 6 aprile 2016, senza fornire però quello che SIS impone agli espropriati negli accordi di acquisizione delle proprietà: vale adire la matrice suolo, cioè l’atto tecnico citato in ogni contratto di accordo bonario con gli espropriati e posto a carico loro in caso di rinvenimento di rifiuti.
Insomma una toppa che ha allargato la falla delle informazioni, anche se l’ing. Pellegrini oggi si è precipitata sul posto dove ha tenuto una conferenza stampa. Sbrego ancora più grande se si considera la quantità di amianto totale, stando alla concentrazione dichiarata di 100mg/kg nei 270 mc contaminati secondo Pellegrini. Questi corrispondo in ogni saccone (da 1mc di terra umida) a 1800kg, ottenendo circa 180 g di amianto per sacco, essendo questi 270, si ottiene una stima totale di amianto pari a 48,6 kg, cioè poco meno di 5 mq di lastre. È lecito dunque chiedersi perché per smaltire 5 mq di amianto si devono rimuovere 270 mc di terreno? Perché si decuplicano le spese di smaltimento all’inverosimile per questo sito? Noi crediamo che sia il caso di interrogarci se non ci sia dell’altro.

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