venerdì 22 novembre 2013

Verona, l’ombra della ’ndrangheta sui grandi lavori

vulvino.wordpress.com
L’ex vicesindaco Giacino e un attico in centro da 1,7 milioni comprato dalla impresa di costruzioni vicina ai calabresi
di Daniele Ferrazza tratto da mattinopadova.gelocal.it

VERONA. Veleni e rancori. Polemiche e dimissioni. Ed ora sulle inchieste veronesi che assediano l’amministrazione guidata da Flavio Tosi si allunga l’ombra della ’ndrangheta. Il Pd regionale chiede che il governatore Luca Zaia esca dal silenzio e risponda a due vecchie interrogazioni in consiglio regionale sul «sistema Tosi». La replica del municipio è laconica: «Procedure rispettate in tutte le gare, certificati anti mafia delle imprese sempre acquisiti, se qualcosa non fosse a posto il Comune è pronto a rescindere contratti e a chiedere i danni».
Ma è proprio il sindaco, giusto nel momento del lancio della sua candidatura al palcoscenico della politica nazionale, che sembra circondato. Tre diverse inchieste (parentopoli, municipalizzata Agec e urbanistica) la cui più delicata, al momento, appare quella che ha costretto alle dimissioni il vicesindaco, Vito Giacino.
I fatti. L’ex presidente di Agec, Michele Croce, denuncia nel giugno scorso sul blog «Verona pulita» che l’impresa di costruzioni Soveco è un’acchiappappalti di prima categoria, una «società delle meraviglie» capace di occuparsi del traforo delle Torricelle, del filobus, del ponte di San Francesco, del parcheggio ex gasometro. Croce riporta che, secondo un’informativa del nucleo di Polizia Tributaria di Verona (la numero 6164 del 16 luglio 2009), la società avrebbe per socio acculto un calabrese con precedenti penali: Antonino Papalia, nato a Delianova (Reggio Calabria), coinvolto nel 1989 in un traffico di esplosivi dal Sud al Nord d’Italia.
La Soveco, in realtà, è controllata al 50% ciascuno da due persone: Sabina Colturato, ex moglie di Papalia e madre dei suoi due figli, e dal manager Francesco Urtoler. Primaria impresa di costruzioni ed infrastrutture, il bilancio al 31 dicembre 2012 riporta ricavi per 25,6 milioni di euro (e un utile netto di 706 mila), con un portafoglio ordini da 64 milioni di euro: solo a Verona il traforo delle Torricelle (in associazione di impresa con la Mantovani), attraverso il consorzio stabile Verona infrastrutture (di cui Soveco detiene il 7,5%), il progetto esecutivo del filobus, tre impianti di biogas nel Veronese, la ristrutturazione dell’ospedale di Peschiera per conto della Casa di cura Pederzoli, parcheggi e centri commerciali.
Proprio dalla Soveco l’ex vicesindaco, Vito Giacino, attraverso la moglie Alessandra Lodi, acquista nel 2011 un attico in Borgo Trento, per un valore complessivo (tra acquisto e ristrutturazione) pari a 1,7 milioni di euro. L’ex vicesindaco si difende: «Lavori pagati di tasca mia, posso esibire tutte le fatture».
Ma sono i legami tra questa impresa e l’ex congiunto scomodo e in odore di ’ndrangheta che agitano in queste ore la politica veronese. Sembra che Papalia (che detiene ancora l’1% del Consorzio Ausonia, un’altra società legata a Soveco) si sia trasferito in Romania, dove starebbe gestendo operazioni immobiliari per 700 milioni di euro. Per conto della società dell’ex moglie.
Se la Soveco non fa mistero delle sue ramificazioni in Romania - detiene il 70% della Sovesco Romania srl Oradea, il 70% della Millenium imobiliare srl, oltre che il 20% di una cassaforte lussemburghese denominata Mag Investissemnt - a Verona le inchieste della Procura stanno facendo a pezzi l’amministrazione di Flavio Tosi. Da una settimana senza il suo vicesindaco, il primo cittadino sta riflettendo su come assegnare la delega più pesante e «pericolosa», quella all’urbanistica. Ma l’aria che tira appare sempre più pesante.
La eco in Regione porta il nome di Franco Bonfante, vicepresidente del consiglio regionale, che attacca sugli altri fronti aperti: «Non è possibile che il presidente Zaia conosca il “caso Verona” solo sulla base delle informazioni di stampa. Da oltre due anni, sul tavolo della sua Giunta, sono depositate due interpellanze con le quali, per filo e per segno, ho segnalato a lui e ai suoi assessori una serie di vicende legate alla parentopoli nelle società partecipate del Comune di Verona. Da Atv ad Amia ad Amt – ricorda Bonfante – ho evidenziato nel dettaglio casi di assunzioni di persone legate, per parentela o militanza o rapporto lavorativo, ad esponenti della Lega e del Pdl veronese. Tutti rilievi che nel corso del tempo hanno trovato riscontro o attenzione a livello di indagini della magistratura». Secondo Bonfante il governatore non può più fare finta di nulla.

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