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A sei anni dalla firma del contratto di concessione, a 4 anni dall'avvio
dei primi cantieri, a 1 anno e mezzo dalla approvazione del progetto
esecutivo, dopo l'aumento dei costi complessivi a 2.258 mln di € e
l'aumento del contributo pubblico a oltre 1.000 mln di €, non vi è
traccia del pagamemento degli espropri. Il CoVePA ha contribuito
all'inchiesta aperta dal quotidiano on line Veneto Vox, con l'articolo di Riccardo Allione.(ndr)
Pedemontana, espropriati: «e i nostri soldi?»
Gli indennizzi non arrivano. La Regione: mancano le coperture. Finirà come per la Valsugana? Un’odissea iniziata cinque anni fa con la pubblicazione dell’elenco degli espropri e che da allora procede a singhiozzo, tra lavori a rilento e contenziosi.
Nuova legislatura in Regione, vecchi problemi. La prima grana per il riconfermato governatore Zaia si chiama Pedemontana Veneta. La discussa superstrada che collegherà Montecchio Maggiore a Spresiano si trova nell’occhio del ciclone non per le proteste ambientaliste o dei comitati che ne mettono in discussione l’utilità, ma per quelle delle decine di imprese e privati cittadini espropriati e ancora in attesa di risarcimento. Il motivo? «Non ci sono i soldi». I cantieri della maxi-opera, dal costo complessivo di quasi 2,5 miliardi di euro, avanzano. Eppure da anni non si riescono a saldare i rimborsi che spettano di diritto ai cittadini.
Un’odissea iniziata cinque anni fa con la pubblicazione dell’elenco degli espropri e che da allora procede a singhiozzo, tra lavori a rilento e contenziosi. «L’ufficiale giudiziario è venuto a piantare i picchetti nel terreno il 5 agosto scorso – racconta Giovanni Calearo, di Montecchio Maggiore – dopodiché hanno stabilito l’entità del risarcimento in base alla metratura, senza però indicarne i termini e senza definire l’indennizzo per l’abitazione, che è a ridosso del tracciato. Non avendo i soldi per indennizzare né i terreni, né tanto meno le abitazioni, si sono riservati di contattarci in un secondo tempo, ma intanto il tempo passa e nessuno ha più saputo niente».
Calearo non è il solo a trovarsi in questo limbo burocratico, che comporta un danno economico per le aziende interessate dal tracciato della nuova arteria regionale. «Io sono in fase di immissione in possesso dall’aprile 2014 – spiega Matilde Cortese, titolare di un’azienda zootecnica a Pianezze – Mi vengono espropriati 38.000 metri quadrati, non è mica un fazzolettino di terra. C’è un danno aziendale importante: togliendomi l’equivalente dieci campi la mia azienda zootecnica non è più autosufficiente e non avendo ricevuto l’indennizzo non posso nemmeno acquistare nuovi terreni. In pratica mi viene negata la possibilità di produrre. Adesso stanno lavorando a ridosso dei miei terreni e la settimana scorsa è venuto il capocantiere a dirmi che dovrebbero cominciare con i lavori. Io ho risposto che senza accordo e senza soldi loro nella mia terra non entrano».
Una presa di posizione condivisa anche da Nereo Zonta di Cassola: «finché non si arriva a un concordato, nella mia proprietà non mette piede nessuno». Oltre al danno, la beffa: gli espropriati infatti continuano a pagare le tasse anche per le porzioni di proprietà espropriate. Come nel caso di Giuseppe Anzolin, al quale per il suo terreno a Mussolente spetterebbe un milione e seicento mila euro e che invece si ritrova in difficoltà economica: «La trafila è cominciata l’anno scorso, ma ora è tutto fermo. Da allora io non ho più reddito e pago pure le tasse su quello che mi hanno preso. Arrivati a questo punto, l’indennizzo è il minimo».
La rabbia e la frustrazione sono palpabili, vedendosi costretti a rincorrere le istituzioni per vedersi corrisposto il dovuto in un estenuante braccio di ferro. «Non si può costruire un’opera senza avere i soldi per farla», protesta Calearo, mentre c’è chi domanda a Zaia, ex ministro dell’Agricoltura, «quali idee abbia per lo sviluppo del settore», invocando la fine dello «spreco di suolo agricolo».
«A Zaia chiedo che la nuova strada abbia il minore impatto possibile – conclude Zonta – e che gli espropri vengano pagati. Non vogliamo che si ripeta l’iter della Valsugana, dove dopo vent’anni c’è ancora chi sta aspettando i soldi che gli spettano».
Gli indennizzi non arrivano. La Regione: mancano le coperture. Finirà come per la Valsugana? Un’odissea iniziata cinque anni fa con la pubblicazione dell’elenco degli espropri e che da allora procede a singhiozzo, tra lavori a rilento e contenziosi.
Nuova legislatura in Regione, vecchi problemi. La prima grana per il riconfermato governatore Zaia si chiama Pedemontana Veneta. La discussa superstrada che collegherà Montecchio Maggiore a Spresiano si trova nell’occhio del ciclone non per le proteste ambientaliste o dei comitati che ne mettono in discussione l’utilità, ma per quelle delle decine di imprese e privati cittadini espropriati e ancora in attesa di risarcimento. Il motivo? «Non ci sono i soldi». I cantieri della maxi-opera, dal costo complessivo di quasi 2,5 miliardi di euro, avanzano. Eppure da anni non si riescono a saldare i rimborsi che spettano di diritto ai cittadini.
Un’odissea iniziata cinque anni fa con la pubblicazione dell’elenco degli espropri e che da allora procede a singhiozzo, tra lavori a rilento e contenziosi. «L’ufficiale giudiziario è venuto a piantare i picchetti nel terreno il 5 agosto scorso – racconta Giovanni Calearo, di Montecchio Maggiore – dopodiché hanno stabilito l’entità del risarcimento in base alla metratura, senza però indicarne i termini e senza definire l’indennizzo per l’abitazione, che è a ridosso del tracciato. Non avendo i soldi per indennizzare né i terreni, né tanto meno le abitazioni, si sono riservati di contattarci in un secondo tempo, ma intanto il tempo passa e nessuno ha più saputo niente».
Calearo non è il solo a trovarsi in questo limbo burocratico, che comporta un danno economico per le aziende interessate dal tracciato della nuova arteria regionale. «Io sono in fase di immissione in possesso dall’aprile 2014 – spiega Matilde Cortese, titolare di un’azienda zootecnica a Pianezze – Mi vengono espropriati 38.000 metri quadrati, non è mica un fazzolettino di terra. C’è un danno aziendale importante: togliendomi l’equivalente dieci campi la mia azienda zootecnica non è più autosufficiente e non avendo ricevuto l’indennizzo non posso nemmeno acquistare nuovi terreni. In pratica mi viene negata la possibilità di produrre. Adesso stanno lavorando a ridosso dei miei terreni e la settimana scorsa è venuto il capocantiere a dirmi che dovrebbero cominciare con i lavori. Io ho risposto che senza accordo e senza soldi loro nella mia terra non entrano».
Una presa di posizione condivisa anche da Nereo Zonta di Cassola: «finché non si arriva a un concordato, nella mia proprietà non mette piede nessuno». Oltre al danno, la beffa: gli espropriati infatti continuano a pagare le tasse anche per le porzioni di proprietà espropriate. Come nel caso di Giuseppe Anzolin, al quale per il suo terreno a Mussolente spetterebbe un milione e seicento mila euro e che invece si ritrova in difficoltà economica: «La trafila è cominciata l’anno scorso, ma ora è tutto fermo. Da allora io non ho più reddito e pago pure le tasse su quello che mi hanno preso. Arrivati a questo punto, l’indennizzo è il minimo».
La rabbia e la frustrazione sono palpabili, vedendosi costretti a rincorrere le istituzioni per vedersi corrisposto il dovuto in un estenuante braccio di ferro. «Non si può costruire un’opera senza avere i soldi per farla», protesta Calearo, mentre c’è chi domanda a Zaia, ex ministro dell’Agricoltura, «quali idee abbia per lo sviluppo del settore», invocando la fine dello «spreco di suolo agricolo».
«A Zaia chiedo che la nuova strada abbia il minore impatto possibile – conclude Zonta – e che gli espropri vengano pagati. Non vogliamo che si ripeta l’iter della Valsugana, dove dopo vent’anni c’è ancora chi sta aspettando i soldi che gli spettano».
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