Partendo dall'allarme lanciato su Trento Today dall'articolo interessantissimo, però declinato in salsa localistico-autonomistica
dai ferrogallici di Ferrotransit Europa Brennero Valsugana, tentiamo di aprire la visione delle
mobilità stradali tra Triveneto e Lombardia.
Et voilà la pedemontana del Garda..... Bella minchiata tanto vale allungare la SPV da
Castelgomberto, bucare da Valdagno e sotto Recoaro fino a Rovereto sud,
per la gioia dei furbi valdagnesi che volevano il casello di
Valdagno..... Forza SIS lancia l'idea al ghiaia, asfissiateci tutti,
rivogliamo la laguna del cretaceo in valle dell'Agno, giusto quelle
prima della grande estinzione alla fine del mesozoico!
Per
la verità è il contrario: è il ghiaia che dovrebbe lanciare l'idea. In
effetti il doge con la pomata al posto della berretto cornuto e d'orato, vuole la
concessionaria del Triveneto. In questo senso la continuità politica è gia stata costruita dalla Lega nelle quattro regioni tra Po, Adige e Piave, ora si tratta di vedere se le questioni interne non
silurino il ghiaia, inviso ai salvinisti.
Il tema autostrabistico tra Lombardia e Triveneto è il futuro per una certa
cordata politica locale ma che aspira ad essere polo europeo: puntano infatti
con tutta evidenza alla continuità Padano Pedemontana, la dispersione
è il terreno fertile per una politica conservatrice e il modo migliore
per ottenerla sembrerebbe costruire strade-autostrade.
Anche se, sinceramente, quando si leggono i toni localisti/autonomisti di post come questo dei ferrogallici ci vieni in mente che non sono sciocchezze. Esiste un retroterra culturale che inconsapevolmente li sostanzia, sembra quasi l'americanizzazione di un territorio, la radicalizzazione socio-economica-religiosa della pianura padana che Fabrizio Bottini cita nel suo articolo di critica al testo di Roberto Cuda sulla Brebemi , pubblicato su http://www.casadellacultura. it/676/la-citt-agrave-egrave- progressista-il-suburbio-no. Bottini parla di "Road Gang, usato storicamente dai critici nordamericani per
raccogliere l'incredibile coacervo di attori piccoli e grandi che, dal
periodo tra le due guerre mondiali in poi, trasformeranno l'auspicio
antiurbano di Henry Ford - rilanciato da Frank Lloyd Wright nei suoi
schizzi di Broadacre - in un vero e proprio inarrestabile modello di sviluppo, economico e socio-territoriale". Per questo alla visione localistica dei ferrogallici della Valsugana come a quella degli accasermati valdagnesi, ci verrebbe da contrapporre la costruirne dieci di autostrade. Oltretutto nel suo
intervento Bottini cita la critica al testo di Cuda fatta da Marco Ponti sempre sullo sito Casa della Cultura che in una certa misura salva
il sistema autostrabistico.
Il
punto è che Ponti nella critica a Cuda, alla fine sostiene che le autostrade alla fine sono remunerative, sia sul piano
politico, inteso come gestione territoriale del potere, sia come schema
finanziario. Probabilmente ha ragione, ma coglie il solo problema trasportistico, e non vede la condizione più generale e sistematica della crisi globale dell'impianto autostrabistico bel nostro sistema socio-economico e demografico. Non vede il bilancio di massa cioè lo schemino,
idiota se si vuole, del sistema delle cosiddette pollutant emissions, non solo nel sitema dell'atmosfera quantomeno padana , ma nel complesso del sitema aria, acqua e suolo.
Quello che a ripetizione il gruppo del MIT e del Club di Roma aveva
messo nero su bianco con i limiti allo sviluppo, dal 72 al 2012.
I ragionamenti di Ponti e di certi poteri localistici non vedono che stiamo sprecando risorse anche con le autostrade e le concessioni garantite e che non ne produciamo nuove risorse perché se sviluppi di più un'area, stai solo rincorrendo il PIL a breve termine, mentre a lungo termine sprechi quei ricavi nei costi ambientali e nei costi della salute, sorpattutto non compi scelte a lungo termine e strategiche. Ponti poi si incaponisce nella sua tesi che le autostrade funzionano perché le pagano gli utenti, anche se dovremmo ricavarne solo i costi di manutenzione. Finora nessuna infrastruttura autostradale ci è mai riuscita, basta leggere i bilanci di Autosole prima e dopo la svendita a Benetton. Appare chiaro che lo sviluppo tecnologico fornisce al momento, temporaneamente meccanismi di sostenibilità, ma nel lungo periodo si trasforma in un sistema di concentrazione della ricchezza(vedi tariffe o aumenti dei costi al dettaglio), e in un meccanismo che ci porta alla catastrofe ambientale, tale da renderne incontrollabili gli effetti, dove sopravvivono solo i ricchi, Per questo si veda con attenzione il meccanismo della chimica fine dell'ovest vicentino con la concia e le sue sorelle, secondo polo chimico veneto. Si tratta di un sistema portato a saturazione e che in 50 anni ha inquinato in modo irreversibile tutto il Veneto occidentale, compromettendo la permanenza nei territori delle attività agroindustriali e perciò delle stesse persone. Il sistema autostrabistico va letto con questa prospettiva in cui manca la valutazione di quanto inquino, di quanta massa di CO2 carico in un territorio e che costi avrò nel lungo periodo. E' evidente che dovremmo agire prioritariamente sulla rimozione a brevissimo termine dei fattori inquinanti e non il contrario. È vero che mettere giù binari è una scelta nel lungo periodo e costosissima, come dice Ponti nelle conclusioni al suo intervento(I costi di congestione sono così elevati, anche dal punto di vista ambientale, che quando vengono abbattuti si generano benefici straordinari. Ridurli puntando al cambio modale è notoriamente costosissimo e può dare luogo esclusivamente a risultati marginali (l'esperienza pluridecennale degli elevati sussidi erogati alle ferrovie e delle tasse altrettanto elevate applicate al sistema stradale lo dimostra chiaramente) ovviamente noi non ci riferiamo al TAV, ma equivale a decidere se conviene o no piantare una foresta, dove e a decidere quando farlo, la risposta e sì qui e adesso.
I ragionamenti di Ponti e di certi poteri localistici non vedono che stiamo sprecando risorse anche con le autostrade e le concessioni garantite e che non ne produciamo nuove risorse perché se sviluppi di più un'area, stai solo rincorrendo il PIL a breve termine, mentre a lungo termine sprechi quei ricavi nei costi ambientali e nei costi della salute, sorpattutto non compi scelte a lungo termine e strategiche. Ponti poi si incaponisce nella sua tesi che le autostrade funzionano perché le pagano gli utenti, anche se dovremmo ricavarne solo i costi di manutenzione. Finora nessuna infrastruttura autostradale ci è mai riuscita, basta leggere i bilanci di Autosole prima e dopo la svendita a Benetton. Appare chiaro che lo sviluppo tecnologico fornisce al momento, temporaneamente meccanismi di sostenibilità, ma nel lungo periodo si trasforma in un sistema di concentrazione della ricchezza(vedi tariffe o aumenti dei costi al dettaglio), e in un meccanismo che ci porta alla catastrofe ambientale, tale da renderne incontrollabili gli effetti, dove sopravvivono solo i ricchi, Per questo si veda con attenzione il meccanismo della chimica fine dell'ovest vicentino con la concia e le sue sorelle, secondo polo chimico veneto. Si tratta di un sistema portato a saturazione e che in 50 anni ha inquinato in modo irreversibile tutto il Veneto occidentale, compromettendo la permanenza nei territori delle attività agroindustriali e perciò delle stesse persone. Il sistema autostrabistico va letto con questa prospettiva in cui manca la valutazione di quanto inquino, di quanta massa di CO2 carico in un territorio e che costi avrò nel lungo periodo. E' evidente che dovremmo agire prioritariamente sulla rimozione a brevissimo termine dei fattori inquinanti e non il contrario. È vero che mettere giù binari è una scelta nel lungo periodo e costosissima, come dice Ponti nelle conclusioni al suo intervento(I costi di congestione sono così elevati, anche dal punto di vista ambientale, che quando vengono abbattuti si generano benefici straordinari. Ridurli puntando al cambio modale è notoriamente costosissimo e può dare luogo esclusivamente a risultati marginali (l'esperienza pluridecennale degli elevati sussidi erogati alle ferrovie e delle tasse altrettanto elevate applicate al sistema stradale lo dimostra chiaramente) ovviamente noi non ci riferiamo al TAV, ma equivale a decidere se conviene o no piantare una foresta, dove e a decidere quando farlo, la risposta e sì qui e adesso.
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