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Presentiamo l'articolo tratto da TAEPILE di M. Milioni con la pericolosa e ambigua nuova norma di modifica della legge regionale sui progefinasinga alla veneziana. Le cipolle questa volta le taglia Luca Zaia e l'alloro ce lo mettono gli amichetti degli uffici legali delle decine di società coinvolte nei 15 mld di € di infrastrutture autostradali del Veneto. Guarda caso proprio l'1% di quella somma costituisce il finaziamento per pagare le progettazioni di finanza coi buchi (NDR).
Non che la cosa fosse ignota. Ma alla fine Luca Zaia ha dovuto mostrare
la sua vera natura. Quella di erede del sistema di potere messo in piedi
da Galan e soci. Basta una scorsa veloce al progetto di legge regionale
sulla revisione dei project financing per capire quale sia l'intenzione
reale del governatore veneto. «Per la copertura di oneri che sono
previsti a carico della Regione - si legge all'articolo 4 comma 5 del
disegno di legge 15 del 29 giugno 2015, primo firmatario Zaia - per la
realizzazione di singole opere non oggetto di provvedimenti di revoca e
che non sono ancora finanziati, la giunta regionale è autorizzata a
ricorrere alla concessione di mutui da parte della Cassa Depositi e
Prestiti o da parte di altri Istituti di credito e comunque a contrarre
ad altre forme di indebitamento consentite
dalla legislazione vigente per un importo complessivo non superiore a
Euro centocinquanta milioni di euro».
Questo potrebbe essere il costo per l'uscita in bonis dalla partita dei
project financing. La cosa grave è che Zaia non spiega esattamente quali
siano gli oneri per la regione. Segno evidente che non ci sono. O, a
meno che non siano stati occultati in qualche incoffessabile accordo mai
venuto alla luce, se ci sono, sono più che altro immaginari, perché il
richiamo all'articolo «21 quinquies della legge 7 agosto 1990 numero
241» in ragione del quale lo Stato prevede un ristoro a favore del
privato è campato per aria. Il ristoro infatti è previsto dalla norma
solo a fronte di circostanze specifiche, per esempio un contratto
valido, magari di convenzione, già stipulato tra le parti. L'avvio di
un semplice iter non costituisce alcun titolo di pretesa da parte dei
privati. Zaia, o meglio i legulei che gli hanno scritto il disegno di
legge, lo sanno; tanto che per impiccare la regione all'albero di futuri
pagamenti verso terzi, all'oggi non si capisce perché dovuti, è
necessario che sia proprio la deibera allo studio del consiglio a
disegnare il diritto acquisito per il privato.
E come lo fa? Stabilendo che se le mutate condizioni di mercato non
rendono più sostenibile il progetto di finanza proposto dal privato è
l'ente regionale a indennizzare il privato stesso. Incredibile ma vero. È
tutto nero su bianco, basta leggere l'articolo 4 comma 4 del disegno di
legge al vaglio del consiglio regionale: «Nel caso in cui, nell’ambito
della procedura di revisione, la Giunta accerti l’attuale insussistenza
di condizioni di fattibilità dell’iniziativa per il venir meno delle
condizioni economico-finanziarie a supporto della sostenibilità
economico-finanziaria dell’intervento... l’Amministrazione procede
all’adozione degli atti conseguenti... salva la possibilità di
addivenire ad una revisione del piano economico finanziario nel caso che
le condizioni di fattibilità siano variate per cause imputabili alla
Regione o per sopravvenute modifiche normative». Come si sa il diavolo
si nasconde nei dettagli.
Per di più nel disegno di legge in itinere per rendere ancora più
praticabili le possibili richieste risarcitorie dei privati, che
altrimenti poco avrebbero da pretendere, si compie un'altra forzatura.
Quale? Alla base del project financing sta la nozione che il rischio
d'impresa non se lo cucca Pantalone, ovvero il pubblico, ma il privato.
Di converso se si leggono le carte si scopre il distillato di un'altra
astuzia: astuzia da quattro soldi, per chi ha dimestichezza con la
materia, difficile a scovarsi se non la si mastica un pochino. Mister
Zaia infatti per circoscrivere e rendere ancor più cogente
l'ambito di eventuali ristori non usa il termine, come sarebbe da
aspettarsi, «contratti» in essere o convenzioni, bensì quello di
«procedimenti». Di regola io pubblico al limite ti posso riconoscere un
danno se vengo meno ad un impegno sottoscritto mediante contratto. Non
se il mercato ha cambiato orientamento e punisce la tua iniziativa
d'imprenditore. Per questo motivo l'avere utilizzato all'articolo 4
comma 6 il temine procedimenti («per le ipotesi di revoca di
procedimenti di finanza di progetto...») e non contratti o convenzioni o
concessioni, dilata in modo spaventoso l'opzione per il privato di batter cassa a palazzo Ferro Fini. E non è un caso che già comincino a levarsi le prime doglianze.
In pratica basta avere avviato una procedura che abbia passato il
vaglio della dichiarazione di interesse pubblico (e l'indagine sul Mose
ci ricorda come Galan, Chisso e Minutillo procedessero in tal senso),
per potere andare accompagnati con l'avvocato a palazzo Balbi a chiedere
milioni. Rimane da capire se la cosa sia frutto della ignoranza del
governatore in materia di diritto amministrativo, o se qualche manina
abbia inserito, in una legge che in prima battuta può pure avere un
impianto condivisibile, quei due tre commi famelici i quali potrebbero
trasformarsi in manna dal cielo per i soliti amici degli amici
scottati da un mercato del quale in realtà non affrontano mai le
asperità, e che ha fatto naufragare un modello di business, quello di
lorsignori, già ampiamente ossigenato dall'ente pubblico.
Ora per capire chi siano lorsignori basta un controllo incrociato
con i documenti ufficiali che alcuni preoccupati funzionari
dell'assessorato alle infrastrutture hanno fornito alle commissioni
bilancio e trasporti, i due organismi che hanno accompagnato la
gestazione della legge verso l'aula che dovrebbe cominciare a visionare
la delibera già il 4 agosto. Da quelle poche ma significative
carte si capisce quali siano le forze in gioco. E si capisce pure chi
potrebbe avere interesse affinché il consiglio approvi una norma che
salvi la banda del project, ovvero il club degli amici di Galan. La
tabella in possesso della giunta parla chiaro: «Confederazione delle
autostrade per la Nogara Mare; Pizzarotti, Mantovani e Maltauro per il
Sistema tangenziali Veneto; Grandi Lavori Fincosit, Adria
infrastrutture» e chi più ne ha più ne metta. Nei mesi passati Zaia, più
o meno, è riuscito a far ingollare la balla che lui, anche se
scarico da coinvolgimenti penali (per ora), dei project di Galan non
sapesse nulla pur essendo stato numero due della giunta. Un altro mega
rospo il leghista l'ha fatto inghiottire ai veneti quando il suo
esecutivo ha approvato la delibera vergogna che modificava la convenzione della Pedemontana Veneta a favore del soggetto privato.
Oggi ci riprova addirittura con una legge che per volere dello stesso
governatore deve essere approvata a tambur battente. Ma perché tanta
fretta? Per caso oltre alla legge che farà brindare gli amici di Galan,
che affranti dalla arsura della crisi dei loro progetti al gusto di
asfalto e cemento, potrebbero trovare un po' di refrigerio nelle tasche
del contribuente veneto, la cosiddetta norma blocca project serve pure
ad apparecchiare uno stop alla Valsugana bis? Sì proprio quella
Valsugana bis che sembra essere uno dei principali ostacoli ad un sì
trentino alla Valdastico Nord, l'ennesima porcata riconcepita
durante l'era dell'utilizzatore finale di Arcore, riproposta ai veneti
da una accolita di politici e imprenditori pronta cassa trasversalmente
devoti alla grande mammella pubblica?
Se Zaia vuole davvero bloccare i project, più che 150 milioni, ne metta da parte tre o quattro
per un collegio legale veramente autonomo e con le palle. Ricorra alla
magistratura penale e a quella amministrativa (contro la Spv il Tar ha
già dato ragione a chi si oppone) e se del caso aizzi l'opinione
pubblica contro la cricca del Mose con ferocia quintupla di
quella con cui certi ambienti leghisti si sono scagliati contro
l'ondata, vera o presunta, di clandestini e profughi. Allora Zaia
dimostrerà davvero di essere un amico del Veneto (sui veneti stendiamo
un velo pietoso perché molti si meritano quanto patito fino ad oggi, o
perché culturalmente servi, o perché intrallazzati al oro volta col
sistema). In caso contrario l'enologo di Treviso si mostrerà per quel
che è. L'ennesimo doroteo attento solo alla gestione del potere e
degli interessi ad esso retrostanti. Il che spiegherebbe tutto il finto
distacco dimostrato verso l'era Galan. Un distacco messo in scena non
per contrastare quei supremi interessi, ma per divenirne nuovo e più
passabile maggiordomo. Per dirla come Pierino, alias Alvaro Vitali, (si
passi la citazione forse troppo colta per la giunta regionale),
«invertendo le chiappe il prodotto non cambia». Insomma detto alla
grossa con questa norma la regione rischia di inventarsi un debito verso
terzi, quando caso mai sono i privati della cricca del project che
dovrebbero rendere il maltolto, anzi il malloppo, alla collettività
delle Venezie.
Marco Milioni
url01: http://taepile.blogspot.it/2015/08/il-galan-che-e-in-zaia.html
url02: http://supporto01.blogspot.it/2015/08/il-galan-che-e-in-zaia.html
Marco Milioni
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