Sembra quella veneta ma è quella lombarda, dove non esiste il commissario e la falsa emergenza e le carte sono pubbliche. Invece per i polentoni tutto "sconto" ma fino a quando? Leggiamo questa inchiesta per approfondire quello che su pedemontana veneta abbiamo solo sfiorato! (ndr)
Prima il contributo pubblico salito dal 35 all’80 per cento, per realizzare la prima tratta in tempo per l’Expo 2015, e tentare di salvare la faccia. Poi la richiesta di defiscalizzazione per la durata della concessione (30 anni), con un aiuto pubblico che attualizzato vale tra i 400 e i 500 milioni. Va avanti così, tra una spinta e l’altra dal settore pubblico, quello che sta diventando il simbolo delle difficoltà del project financing italiano sulle grandi opere: la Pedemontana lombarda.
Per l’autostrada che taglia la Brianza per 157 km da Varese a Bergamo e idealmente facilita il collegamento a Malpensa e Orio al Serio senza passare per Milano, i soldi dei privati sono sempre stati promessi e mai arrivati A fronte di un costo di circa 5 miliardi di euro, solo 1,244 sarebbero dovuti arrivare dal pubblico, 3,259 dalle banche, mentre l’equity era fissata a 636 milioni. Finora, invece, si sono visti 268 milioni di equity, messi principalmente dal socio pubblico Serravalle, e un prestito “ponte” delle banche, di 258 miloni, versato nel 2011. Dopo oltre un anno di ricerca di soci privati, le banche (che per il mandato diarranging finanziario hanno incassato oltre 5 milioni di euro) nel marzo 2012 hanno alzato bandiera bianca. Hanno visto comunque il mandato rinnovato, fino alla fine di quest’anno, per trovare qualche investitore. Trattative sono in corso per trovare un miliardo da Cassa Depositi e Prestiti (altro investitore tutt’altro che privato), mentre dalla Bei sono arrivati 100 milioni di euro.
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Certo, sarebbe troppo facile citare gli annunci entusiastici al Meeting di Rimini del 2008, quando si immaginava che i progetti sarebbero stati contrastati solo da comitati ambientalisti locali e “La Provincia” di Varese salutava l’avvio dell’«autostrada più attesa da tanti pendolari». Il mondo da allora è cambiato, a partire dal mercato finanziario. Così è diventato tutt’altro affare trovare i tre miliardi del finanziamento senior. Il costo del denaro per il progetto, di conseguenza, è salito dalle prime ipotesi del 6,75/7% all’8% di oggi. Se a questo si somma una previsione di traffico scesa dell’11% (e sembrano ancora dati ottimistici, visto come stanno andando le autostrade in questi mesi), non si ottiene altro che un piano economico in forte disequilibrio.
Lavori in galleria nella tratta A della Pedemontana Lombarda (dal sito di Impregilo)
Per questo la società ha chiesto sempre più l’intervento del pubblico. Per la tratta A (da Cassano Magnago a Lomazzo, più le tangenziali di Como e Varese) la società Pedemontana ha ottenuto dal ministero che il finanziamento pubblico – tramite il Consorzio autostrade lombarde, Cal – salisse dal 35 all’80 per cento. Questo ha fatto sì che, per il solo 2012 Cal mettesse sul piatto 97 milioni. Soldi che, per Marzio Agnoloni, presidente di Milano Serravalle e amministratore delegato di Pedemontana, rimangono un “di cui” dei 1.244 milioni dell’intervento pubblico complessivo.
Il secondo salvagente pubblico si preannuncia decisamente più consistente. Lo strumento è la “defiscalizzazione”, ossia la sospensione del pagamento di Ires, Irap e Iva e il rinvio del pagamento del canone di concessione. Prevista dall’articolo 18 della legge 18372011 (originariamente solo per le grandi opere, poi per tutti i project financing), ha dovuto attendere le linee guida del Cipe del 18 febbraio del 2013 per essere disciplinata, mentre la pubblicazione in Gazzetta ufficiale è arrivata solo a settembre. Nel caso di Pedemontana, si parla di una defiscalizzazione di 600 milioni, spalmata negli anni della concessione. Il valore attualizzato sarebbe di almeno 300 milioni. Agnoloni, a Linkiesta, parla invece di un valore tra i 400 e i 500 milioni. Soldi che potrebbero portare a far crescere l’equity da 536 milioni a circa 1 miliardo di euro, una cifra molto simile a quella chiesta dalle banche come valore ideale dell’equity (1.150 milioni). Ma non è comunque automatico che questa defiscalizzazione sarà effettivamente concessa dal ministero dello sviluppo economico, dove Pedemontana e Cal si presenteranno nei prossimi giorni. A settembre, le opere prioritarie individuate dal ministero, secondo Il Sole 24 Ore, erano altre: la Pedemontana piemontese, la Orte-Mestre, la Telesina e la Termoli-San Vittore.
I salvagenti per il project financing
La Pedemontana lombarda era rimasta fuori anche da un terzo aiuto statale alle grandi opere in project financing fin qui piantate. Il decreto del Fare (dl 69/2013) a luglio aveva stanziato 2.069 milioni di euro, tolti ad alcune opere (tra cui 432 milioni dell’accordo Italia-Libia del 2009), con l’obiettivo di reintegrarli dal 2014. Ne beneficiarono la Tem (Tangenziale esterna di Milano), la metro M4 a Milano, Pedemontana Veneta, Quadrilatero Marche-Umbria e la Catania-Ragusa.
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Se neanche questi interventi dovessero servire, sono già in pista nuovi strumenti salva project financing, come il credito d’imposta per la realizzazione di nuove opere infrastrutturali, anche in perdita. Mentre gli strumenti che prevedono soldi dei privati, come i project bond, previsti dallo scorso anno, non si sono visti. L’unica obbligazione legato a un’infrastruttura dovrebbe riguardare la Tem (Tangenziale Esterna di Milano) e partire entro la fine dell’anno. Il relativo bond dovrebbe essere comprato dal Marguerite Fund, partecipato - ancora una volta - anche dalla Cassa Depositi e Prestiti.
Le difficoltà del project financing sono d’altra parte evidenti. Ci sono troppe iniziative di importo modesto, promosse con l’unico obiettivo di aggirare i vincoli di bilancio, e troppe gare non aggiudicate. A dirlo è stata la stessa Autorità di vigilanza sui lavori pubblici, che ha aggiunto la denuncia di bandi lacunosi e di una scorretta ripartizione dei rischi tra Pa e privati. Il tutto «in un quadro di incertezza normativa acuita dalla raffica di correzioni apportate al codice appalti nel giro degli ultimi due anni». Nel periodo gennaio-settembre 2013 – secondo l’Osservatorio nazionale sul project financing - il mercato delle gare di partenariato pubblico-privato (Ppp) è sì cresciuto per numero di opportunità (+6%), ma è sceso per importo di ben il 35 per cento. In totale si parla di 2.259 interventi per un volume d’affari di circa 4 miliardi.
Il futuro di Pedemontana appeso a Serravalle
La tratta A della Pedemontana lombarda è già in costruzione e sarà completata entro il 2015, da parte di Pedemontana Scpa, società di progetto costituita da Impregilo, Astaldi, Aci ScpA Consorzio Stabile e Impresa Pizzarotti. Altro discorso è il secondo lotto assegnato dopo una gara nel 2012 alla Strabrag AG, Ati composta da altre quattro imprese di costruzione. È diviso in quattro tratte: B1, B2, C e D e nessuno sa dire con esattezza cosa sarà effettivamente realizzato. I comunicati dicono 2015 per la B1 (bisogno di equity stimato in 100 milioni), 2017 per le tratte B2 e C (equity di 200 milioni) e successivamente la D, per la quale servono 250 milioni. A Linkiesta il presidente di Pedemontana spa, Marzio Agnoloni ribadisce che il piano economico e finanziario prevede la realizzazione di tutte le tratte, ma la realtà è tutta da verificare. In ambienti vicini a Serravalle si dice anche che le eventuali penali in caso di mancata realizzazione sarebbero comunque inferiori alle perdite che subentrerebbero in caso di completamento.
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Finora è stata la Serravalle, concessionaria fino al 2028 della tratta della A7 che va da Milano a Serravalle Scrivia, e delle tre tangenziali milanesi (Ovest, Est, Nord), a farsi carico di tutti gli investimenti aggiuntivi. Già socia al 68,36%, è salita al 76,42% a seguito del primo aumento di capitale, deciso nel dicembre 2012, pari a 100 milioni. Fu l’unica a sottoscriverlo – a fronte del rifiuto degli altri soci Equiter (ora al 14,98%), Intesa Sanpaolo (al 4,5%), Ubi (3,75%) e Par. Cop. Scarl (0,35%) – versando 69,3 milioni.
Le tratte della Pedemontana lombarda
L’assemblea di Serravalle scorso del 30 ottobre ha dato parere positivo a una ulteriore ricapitalizzazione, fino ad arrivare a 536 milioni, ossia la quota di equity prevista dal piano economico e finanziario. Si tratterà di aggiungere 268 milioni a quelli già versati finora. Ma chi pagherà? Non certo la provincia di Milano, proprietaria del 52% della Serravalle, tramite la controllata Asam.
La Provincia sta provando a vendere le sue quote da tempo. Già due bandi sono andati deserti. Finora la strada seguita era di vendere l’82% della società, una quota che comprende anche le azioni degli altri enti locali, tra cui il 18% in mano al Comune di Milano. Dopo tante anticipazioni, è stato confermato che ora la Provincia venderà solo la propria quota.
La strada più probabile è l’ingresso di un socio tramite la sottoscrizione dell’aumento di capitale da 300 milioni proposto dal consiglio d’amministrazione nei mesi scorsi, in alternativa alla quotazione. Il meccanismo sarà quello dell’asta al ribasso, ma a quanto risulta aLinkiesta saranno difficilmente accettabili offerte sotto i 3 euro per azione. In questo caso Comunque un bello sconto rispetto ai 4,5 euro degli ultimi bandi andati deserti. Nell’ultimo, risalente allo scorso luglio, Provincia e Comune avevano chiesto 650 milioni di euro, escludendo le ricapitalizzazioni di Tem (Tangenziale esterna) e Pedemontana. Nell’assemblea del 30 ottobre il prezzo per azione è stato fissato a 4 euro, una cifra che consentirebbe di valorizzare il 52% della Provincia 380 milioni di euro. Si è data la possibilità di un’offerta più bassa, che eventualmente sarà valutata dal cda di Serravalle e dal consiglio provinciale di Milano.
Ma ci sarà poco da fare gli schizzinosi, perché Asam deve saldare il suo debito con le banche, pari a 180 milioni di euro. E Palazzo Isimbardi, soprattutto, deve fare i conti con il patto di stabilità e deve trovare circa 20 milioni entro la fine dell’anno. Per questo l’intenzione è di chiudere la gara in un mese. Se si scendesse a 3 euro, il corrispettivo sarebbe di 285 milioni, cioè quanto basterebbe per arrivare all’equity complessivo di 536 milioni e pagare i 20 milioni necessari alla Provincia. Attualmente alla finestra ci sarebbero il fondo infrastrutturale F2i, guidato da Vito Gamberale (e partecipato da Cassa Depositi e Prestiti), e la famiglia Gavio (quella che vendette a una Provincia guidata da Filippo Penati valorizzando 8 euro le azioni). Dal successo o meno dell’operazione dipenderà buona parte del destino di Pedemontana.
«Indipendentemente da ciò che faranno i nostri azionisti, abbiamo un piano industriale quinquennale che sarà approvato a breve e prevede 700 milioni di nuovi investimenti, in parte finanziati con linee di credito utilizzate come i 100 milioni della Bei (la banca europea degli investimenti, fondi già esistenti e non ancora utilizzati, ndr) e in parte tramite un bond da 300 milioni (da sottoporre al mercato, ndr). Abbiamo poi chiesto ai nostri azionisti di dismettere le partecipazioni non strategiche» spiega a Linkiesta Marzio Agnoloni. Toscano, avvocato, amico «da trent’anni» di Guido Podestà (Pdl) presidente della Provincia di Milano, Agnoloni era finito indagato insieme a Denis Verdini (Pdl) nel 2011 nell’ambito dell’inchiesta sui grandi eventi. Su quella vicenda taglia corto: «Siamo al 2013, i fatti riguardano il 2008-2009, e non è successo niente. Poi, se fossi stato amico di Verdini, non crede mi avrebbe dato qualche incarico?».
Lavori sulla Pedemontana
Sull’avanzamento dei lavori di Pedemontana – lo scorso 21 settembre la società ha inviato alla concessionaria Cal (Concessioni autostradali lombarde, ndr) il nuovo piano economico, che dovrà essere approvato dal ministero – Agnoloni osserva laconico: «Abbiamo chiesto un ulteriore finanziamento da 200 milioni per consegnare in tempo per l’Expo la tratta B1 (da Lomazzo a Lentate sul Seveso). Entro novembre attendiamo il commitment delle banche, che ci anticiperanno la cifra nel 2014. Stiamo inoltre discutendo un prestito senior che va da 1,2 a 1,6 miliardi, a seconda della sottoscrizione, che include i 200 milioni». Insomma, tutto dipende dal giudizio degli istituti – i più esposti sono UniCredit, Intesa Sanpaolo, Ubi (queste ultime azioniste rispettivamente al 20%, considerando anche Equiter, e al 4%) e Mps – sul nuovo piano. A tal proposito, Agnoloni è tranchant: «Mi auguro che le banche comincino a fare le banche, sembra che negli ultimi tre anni non l’abbiano fatto. Il numero di tratte che riusciremo a realizzare dipende da loro». Dopo l’approvazione dell’assemblea di Serravalle, il prossimo appuntamento è l’assemblea di Pedemontana, il 30 novembre, dove si stabiliranno i dettagli dell’aumento di capitale. I tempi sono stretti, e il rischio concreto è di perdere la concessione dell’Anas.
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