Al di là dei preoccupanti aspetti tecnico-giuridici che meritano una trattazione a parte, le nuove norme urbanistiche che stanno transitando per il Consiglio regionale del Veneto sono orrende. Anzitutto sono scritte da cani lasciando molto spazio al contenzioso. Ma soprattutto la nuova disciplina, un corale inno cacofonico al cemento senza se e senza ma, spodesterà de facto i comuni di molta della potestà di pianificazione. In che modo? Semplicemente riversando nelle mani, ossia nelle tasche, del privato, il frutto di una pianificazione evidentemente scritta sotto dettatura degli stakeholder immobiliari, finanziari, del cemento, delle cave, delle strade e della rendita fondiaria.
La deregulation per quanto concerne i cambi di destinazione d'uso poi non è null'altro che il via libera alla conversione scriteriata di capannoni in aree commerciali la quale, specie lungo l'asta della costruenda Superstrada pedemontana veneta, darà vita ad una ennesima gentrificazione alla veneta: fatta di ulteriore sottrazione di spazi verdi e di funzioni sociali. Soprattutto perché la nuova disciplina apre la strada alla monetizzazione degli standard mancanti. La monetizzazione, che è quella pratica che in urbanistica prevede di pagare alle amministrazioni pubbliche un quantum, solitamente una miseria, al posto di provvedere alla realizzazione di standard come verde, sociale e servizi quando un privato realizza nuove edificazioni o trasforma quanto è già costruito, andrebbe cancellata dalle norme. E invece le amministrazioni pubbliche continuano a farvi ricorso trasformando il territorio, ormai un salvadanaio rotto e definitivamente depredato, in una esangue gettoniera.
Se queste modifiche diverranno definitive, molti sono i dubbi anche in ordine di costituzionalità, ci troveremo di fronte ad una legge veneta mafiogena. Grazie alla quale il crimine organizzato potrà diventare parte non solo integrante bensì strutturale della cosiddetta ripartenza: la quale abbinata al fiume di danaro che dalle parti di palazzo Chigi si paventa con il recovery plan, non fa che rendere più nere le nubi che si stagliano all'orizzonte. Pare che il legislatore regionale sia sordo al grido d'allarme che in questi giorni è stato lanciato da personalità di spicco come Enzo Guidotto, presidente dell'Osservatorio veneto sul fenomeno mafioso o dallo scrittore Massimo Carlotto. Il quale di recente durante un incontro letterario a Sossano ci ha ricordato, dati Ocse alla mano, come il Nordest abbia affrontato la crisi in epoca coronavirus ricorrendo massicciamente ai capitali di origine mafiosa in modo assai più rilevante che in altre aree del Paese.
architetto Massimo Follesa portavoce CoVePA ovestVI
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