Il documento di programmazione economica e finanziaria del governo da corsa di Matteo Renzi ha messo nero su bianco quello che chiedono i grandi lobbisti romani e europei. Sulle infrastrutture venete e lombarde hanno idee chiare e preoccupanti. Chi da anni propone alternative di minore impatto, sostenendo lo sviluppo di una mobilità integrata e che recuperi quella esistente ha ben chiaro che dentro al DEF e al governo che lo ha proposto si nasconde un massacro economico, sociale, ambientale e democratico.
Vi diamo alcuni assaggi in sintesi: ricorso a procedure alternative al tradizionale appalto per la realizzazione delle opere; ricorso ai project bond e una disciplina di forte agevolazione fiscale; disciplina speciale per il PPP, esterna al Codice dei contratti pubblici; accentrare le gare, creando una stazione unica di gestione con competenze specifiche; istituire un fondo nazionale per la progettazione di opere in PPP (Fondo equity per progetti greenfield); incrementare il coinvolgimento di capitali privati nel sostegno alla continuità funzionale della offerta ferroviaria AV/AC, nell’applicazione delle misure di compensazione fiscale ai nuovi assi autostradali.
Vi diamo alcuni assaggi in sintesi: ricorso a procedure alternative al tradizionale appalto per la realizzazione delle opere; ricorso ai project bond e una disciplina di forte agevolazione fiscale; disciplina speciale per il PPP, esterna al Codice dei contratti pubblici; accentrare le gare, creando una stazione unica di gestione con competenze specifiche; istituire un fondo nazionale per la progettazione di opere in PPP (Fondo equity per progetti greenfield); incrementare il coinvolgimento di capitali privati nel sostegno alla continuità funzionale della offerta ferroviaria AV/AC, nell’applicazione delle misure di compensazione fiscale ai nuovi assi autostradali.
A questo il DEF aggiunge il percorso di riforma del Titolo V della Costituzione, nel quale si dovranno realizzare alcuni interventi di riforma funzionali al disegno delle reti europee quali: a) la riforma del CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica) e delle procedure per l’approvazione dei progetti; b) la riforma della “legge obiettivo” per rendere più fluido il rapporto fra i diversi livelli di governo del territorio e per assicurare una provvista regolare di risorse ai programmi infrastrutturali; c) riorganizzazione delle procedure speciali della legge obiettivo sulla nuova direttrice di sviluppo del sistema infrastrutturale del Paese focalizzata sui nodi di interconnessione delle reti.
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