La
Corte dei Conti è alla stretta finale sulla Pedemontana Veneta e
convoca le parti interessate per il 6 marzo 2018 in riunione
pubblica per presentare la
relazione finale che anticipa nelle sue parti principali. Nelle
40 pagine che alleghiamo rimangono tutti i profili di criticità del
il procuratore Mezzera aveva sottolineato nelle precedenti relazioni.
Dopo due interventi pubblici e la cassazione del commissario
straordinario è ora il turno di Zaia, De
Berti
e della macchinetta regionale a subire gli strali del massimo organo
di controllo.
Il
Presidente
d'Auria
nell'invitare alla riunione non manca di chiedere ulteriori
integrazioni alla relazione cosa che non mancheremo di fare dopo
che la corte ha acquisito il mattone più importante quello della
relazione del Presidente Cantone dell'ANAC a cui va il plauso e
il rispetto del CoVePA
per l'azione intrapresa e portata
a termine con pesanti censure anche alla gestione Zaia dell'opera.
Fatto questo espresso
anche personalmente dalla nostra presidente nel recente incontro a
Roma il 21 dicembre scorso assieme al sen. Cappelletti del M5S.
Siamo
di fronte a una ulteriore bocciatura della Pedemontana Veneta, che,
sebbene la Corte accetti e dichiari l'impossibilità di fermarla, ne
decreta una ulteriore pesante censura nel complesso, ma soprattutto
negli ultimi comportamenti messi in atto dall'amministrazione Zaia
per salvare la PedeVeneta. Il Dottor Mezzera si concentra sulla
ridefinizione del rapporto concessorio della Pedemontana Veneta
criticandolo a fondo: oltre a mettere in luce criticità pesanti
ancora persistenti sul progetto, sul sistema dei costi, sulla
convenzione, sui ritardati finanziamenti privati e sui mancati
controlli, punta l'indice su una serie di questioni fondamentali
ancora aperte quali il terzo atto aggiuntivo alla convenzione, le
nuove stime di traffico, lo slittamento del cronoprogramma
l’inefficienza del partenariato pubblico-privato, il ritardato
closing finanziario, le problematiche delle opere complementari, le
disfunzioni delle procedure espropriative, la questione ambientale,
il mancato coordinamento con il Ministero dei beni e delle attività
culturali e del turismo, La carenza dei controlli
amministrativo-contabili.
Vale
la pena di sottolineare tre aspetti su cui occorre richiamare
l'intervento della Corte dei Conti: l'aumento stratosferico del
contributo pubblico con rischio devastante per il bilancio derivante
da flussi di traffico da rifare, il fallimento del progetto di
finanza e le assenze delle regolari coperture economiche sulle opere
di viabilità complementare e sulle autorizzazioni ambientali che ci
fanno dire che SPV e fuori regola rispetto alla destinazione d'uso
per cui è nata e rispetto alle norme ambientali ed europee.
La
Corte dei Conti certifica il contributo pubblico a 8,2 mld di €,
con un potenziale debito per la Regione Veneto certificando in 914
mln di € il contributo pubblico in conto capitale e 7,3 mld di €
in conto esercizio, suddiviso in 39 rate da 154 mln di €. La
copertura di tutto ciò sarebbe fornita secondo la Regione Veneto dai
pedaggi del nuovo studio del traffico che regge il nuovo piano
economico finanziario di Zaia che copriranno totalmente i flussi
economici della concessione di SPV. Qui casca l'asino però, poiché
sembra che la Corte non assuma questi flussi per buoni sostenendo che
«gli importi sono
quantificati in via di larga massima, al netto delle imposte e degli
aggiornamenti da inflazione, e legati a dati assunti in via
previsionale; la regione è chiamata nei trentanove anni a erogare
circa 12,1 miliardi di canone e 300 milioni di contributo, ma ritiene
di introitare oltre 12,7 miliardi di pedaggi».
Critica pesantemente gli assunti sul
piano del traffico di nuova redazione da parte di Area engineering
in quanto non oggettivi e falsati da elementi soggettivi. La
relazione sottolinea la necessità espressa anche da ANAC, di rifare
le analisi del traffico poiché «non
appare condivisibile l’orientamento adottato dalla medesima di
individuare tra tutti i dati di input utilizzati una velocità di
esercizio di 130 km/h, essendo la Pedemontana stessa una strada di
tipo B, ai sensi del d.m.5 novembre 2001, con limite divelocità a
110km/h ed essendo stata utilizzata una velocità di progetto
compresa tra 70/120 km/h; in via cautelativa, non si ritiene
giustificabile l’incremento della velocità di progetto solo in
“ragione di una potenziale e auspicabile riclassificazione
dell’asta in esame a categoria A e per simulare con maggior
verosimiglianza i comportamenti di guida effettivi”; sarebbe
ammettere che il limite di velocità imposto dalla tipologia
strutturale della strada debba essere sempre superato. Anche
l’incremento dei volumi di traffico di circa il 12-15 per cento,
attribuita
al solo effetto del traffic-calming, indotto da un ipotetico
trasferimento del traffico dalla rete ordinaria alla nuova
superstrada, non appare essere adeguatamente supportato dai necessari
provvedimenti utili a implementare il fenomeno considerato. È
auspicabile, quindi, in via cautelativa e in assenza di idonei
chiarimenti e/o giustificazioni, un riesame della stima sui volumi di
traffico da effettuarsi anche alla luce di parametri più
oggettivi”».
Da
questo punto di vista ritornano alla ribalta i pesanti conti messi
nero su bianco da Cassa Depoisti e Prestitti con lo
studio di Righetti e Monte. Quelle analisi dimezzavano i flussi
disponibili per la Pedemontana Veneta e soprattutto le fonti di
denaro con cui coprire il canone di disponibilità che la Regione
Veneto si è impegnata a pagare. Inserendo i dati di CDP nel piano di
Zaia noi sosteniamo che il buco potrebbe essere del 50%: vale a dire
che in 39 anni secondo i conti dello studio Righetti e Monte il
bilancio di Regione Veneto dovrebbe fare fronte al 50% del canone di
disponibilità, vale a dire almeno 3,7 mld di € cioè con oltre 100
mln di € l'anno.
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