giovedì 5 marzo 2015

La amara verità sulla Superstrada Pedemontana Veneta

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Sui media sono apparsi in questi giorni varie notizie riguardanti la SPV. Il commissario per la costruzione della superstrada Vernizzi ha convocato la stampa per rispondere alle 70 contestazioni avanzate dalla Corte dei Conti sulla discussa opera. Tra i tanti dati presentati dal commissario  uno macroscopico  balza all’occhio : una opera delle dimensioni della SPV, il cui costo è già incrementato di oltre 400 milioni rispetto al progetto originale presentato, non ha il closing finanziario ovvero non ha ancora i finanziamenti necessari per la realizzazione. E’ come se una persona iniziasse a fare una casa senza sapere dove e soprattutto se troverà i soldi. Ma qui non si tratta di una casa ma della piu’ grande opera pubblica attualmente in costruzione in Veneto. 
Il concessionario SIS, secondo quanto affermato da Vernizzi, ha assicurato il closing entro marzo. Ma qui si fa notte fonda. I bene informati dicono che l’amministratore delegato di SIS, l’ing. Dogliani, avrebbe incaricato un fondo inglese di reperire il denaro mancante (1.700 milioni), offrendo rendimenti del 10%(nel PEF si parla di rendimenti del 7.5%, cosa può succedere con un aumento del 2.5%? NDR)Ma ad oggi sono stati raccolti solo 600 milioni.  Che fondo o banca potrà concedere finanziamenti ad una opera il cui flusso di traffico non consente di ottenere un profitto, secondo autorevoli calcoli, neppure nel giro di trenta anni? Basta guardare all’esempio della tanto sbandierata Brebemi ( Brescia-Bergamo-Milano)per cui si invoca già l’intervento pubblico per appianare le perdite di esercizio dovute allo scarso traffico. Lo stesso destino toccherà alla SPV?

Il privato ha apportato solo 100 milioni per i lavori fin qui svolti, mentre il pubblico ha già sborsato 180 milioni. Nel 2010 all’inaugurazione del cantiere della SPV i politici e il commissario avevano assicurato che la nuova superstrada sarebbe stata a totale carico del privato, visto che si era utilizzato il sistema del project financing per cui in cambio della concessione di 39 anni (ora diventati 48) la concessionaria SIS si impegnava a farsi totalmente carico dei costi. Come i comitati da tempo dicevano questo non corrispondeva alla verità ed infatti la opera il cui costo totale è ad oggi di 2.258 milioni riceverà un finanziamento pubblico pari a 615 milioni ai quali andranno aggiunti 436 milioni a titolo di canone di disponibilità. Canone che la Regione verserà anticipatamente al concessionario per 15 anni e che questi restituirà alla Regione ma solo se il traffico registrerà flussi superiori ai 35.000 veicoli al giorno. Cosa che in base ai dati in possesso certamente non accadrà. Totale del contributo pubblico quindi 1.050 milioni, cioe’ quasi la metà del progetto. Alla faccia del project. 
La regione ha previsto nel proprio bilancio queste partite? O dovrà reperirle tagliando ulteriormente sui fondi dedicati alla sanità o ai servizi? 

Ci chiediamo come sia possibile in un paese europeo che è ancora oggi tra i primi 10 al mondo come economia, autorizzare una simile porcata, forzando le leggi, anzi creando commissari e false emergenze traffico ad hoc, stravolgendo le previsioni di traffico e sfalsandole a proprio vantaggio. Una porcata che scopriamo non avere ad oggi la copertura finanziaria, una porcata che prevede che nel caso in cui cambiassero le condizioni del credito ad esempio con un aggravio degli oneri finanziari per il concessionario la regione (cioè i cittadini) interverrà per ripianare le eventuali perdite. Di più si capisce che se i prestiti bancari, al mutare delle condizioni, dovessero mancare o rendere instabile il PEF, sempre il privato potrebbe brandire la spada di Damocle della rescissione della convenzione. Questa garantisce al concessionario un indennizzo pari al 10% di tutti i ricavi possibili nei 48 anni di concessione oltre al resto (articolo 8 bis comma 3, 4 e 5 dell'atto aggiuntivo del dicembre 2013; articolo 20 lettere a, b e c della convenzione del 2009). A spanne possiamo parlare di mezzo miliardo di euro. Il tutto avviene a fronte di garanzie fidejussorie per eventuali inadempienze chieste al privato, dell'ordine di una sola settantina di milioni circa (pagina 8, punto 4 della convezione del 2009, sezione premesse; pagina 11 della integrazione del 2013, art. 25 quater).

Mancano ormai poco piu’ di due mesi alle elezioni regionali e noi cittadini abbiamo il diritto di ricevere una volta per tutte informazioni chiare e la verità su questa discussa e probabilmente devastante, per il nostro territorio, opera. Sarà certamente uno dei temi caldi della campagna elettorale regionale nel bassanese e non solo, il tema delle grandi opere. Pare che tutte le forze politiche le ritengano necessarie. Ci spieghino allora i nostri politici una buona volta perché una superstrada in project financing e quindi teoricamente a totale carico dei privati costi oltre 1000 milioni ai contribuenti veneti, perché ad oggi manchi il closing finanziario e soprattutto perché siano previste queste clausole capestro approvate dalla giunta Zaia. 
Quante piccole opere pubbliche utili alla salvaguardia del nostro territorio si facevano con 1.050 milioni? Quante piccole imprese nostrane si facevano lavorare? 
Esigiamo queste risposte soprattutto dal governatore uscente Luca Zaia e dalla sua maggiore rivale Alessandra Moretti. Non ci accontenteremo di risposte di circostanza consapevoli che il sistema delle grandi opere contribuisce a deperire ulteriormente i nostri territori, creando un debito pubblico occulto e fuori controllo che si presta, come evidenziato ne l caso del Mose, a corruttele. Senza trascurare il fatto che attorno alla nuova autostrada si verranno a creare nuovi e invasivi poli commerciali contribuendo all’ulteriore depauperamento dei nostri centri storici.


Francesco Celotto


Attivista Co.Ve.P.A., vicepresidente ASEV ( associazione sviluppo economia Veneto)

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