martedì 11 febbraio 2014

Globalist: Tempesta di carte sulla Superstrada Pedemontana Veneta

Questo è un approfondimento tratto da globalist.it  sui documenti del contratto di concessione della Pedemontana Veneta. 
Una delle più importanti infrastrutture del Nordest messa a dura prova da rivelazioni e dalle grane dentro il consorzio che realizzerà il progetto caro a Fi e Lega.
di Marco Milioni lunedì 10 febbraio 2014

Sul versante delle infrastrutture c'è aria di tempesta a Nordest. La furia della polemica presto potrebbe scatenarsi sulla superstrada Spv, la più importante commessa veneta dopo il Mose. Un progetto che iva inclusa costerà 2,6 miliardi e attorno alla quale le tensioni sempre presenti potrebbero raggiungere toni mai raggiunti prima. 
Ad ogni buon conto al di là della querelle ambientale, mai sopita giacché i detrattori dell'opera la ritengono «oltremodo impattante», il terreno di scontro è ora quello economico. Da anni la classe dirigente veneta vede questa «superstrada a pagamento di un centinaio di kilometri» che connetterà Montecchio Maggiore nel Vicentino a Spresiano nel Trevigiano, come la chiave di volta per rilanciare una regione con l'economia in sofferenza e con le grandi imprese che cominciano a chiudere a spron battuto. O che minacciano di farlo come per il caso Electrolux. Inoltre l'establishment politico regionale, l'ex Pdl in primis ma in compagnia del Carroccio e di pezzi del Pd, tesse le lodi di un'opera che «grazie alla formula del project financing» costerebbe poco o nulla alle tasche dei contribuenti, mentre i rischi d'impresa se li accollerebbe il privato che si ripagherebbe coi pedaggi della concessione quarantennale.

Tant'è che il contenzioso politico si era così cristallizzato fino alla fine del 2013 quando il governatore del Veneto, il leghista Luca Zaia, spiegò che a causa delle migliorìe chieste dai comuni il contributo pubblico sarebbe salito dai 170 milioni iniziali ai 615 dichiarati lo scorso dicembre. Una cifra confermata dal commissario governativo al completamento dell'opera Silvano Vernizzi proprio sul portale della struttura di missione da lui presieduta.

Una maggiorazione che aveva già scatenato la dura reazione dei comitati i quali a muso duro avevano spiegato che quelle che vengono definite migliorìe altro «non sono che un adeguamento alle necessità intrinseche del progetto», che è già stato ritenuto illegittimo dal Tar Lazio mentre il giudizio è ancora pendente avanti il Consiglio di Stato. Poi però i primi di gennaio è successo un fatto nuovo. L'eurodeputato Andrea Zanoni (uno degli alfieri dell'ambientalismo veneto, un tempo nell'Idv, oggi nell'ala ecologista del Pd) è entrato in possesso del contratto «secretato relativo alla concessione» tra il commissario alla «Superstrada Pedemontana Veneta» o Spv che dir si voglia e il soggetto concessionario privato incaricato di realizzarla, ovvero Sis: una compagine italo-spagnola formata dalla multinazionale iberica Sacyr e dal gruppo piemontese Dogliani. E la temperatura è schizzata alle stelle. Anche perché i papaveri veneti del Pd, consiglieri regionali e parlamentari, per mesi avevano provato a ottenere i contratti, tanto che da più parti fra i detrattori dell'opera, si era insinuato il sospetto che la ricerca fosse stata condotta scientemente in modo soft.

La secretazione delle carte per di più era oggetto di un durissimo contenzioso tra comitati e lo stesso ingegner Vernizzi il quale riteneva di non dovere rendere pubblica la documentazione in relazione a questioni di riservatezza industriale ed economica legittimamente accampate dal privato. Una visione diametralmente opposta da quella di Zanoni che terminata la caccia al dossier top-secret anche grazie all'ausilio del Covepa, uno tra i comitati che da anni si battono contro la Spv, ha reso pubblico il malloppo. «Alla faccia delle storielle dei sostenitori dell'opera - attacca l'architetto Massimo Follesa, portavoce del Covepa e consulente tecnico di una parte degli espropriati - i quattrini che gli enti pubblici dovranno sborsare ammontano a un miliardo di euro e più. In pratica l'opera per metà se la pagano i cittadini, che poi dovranno anche svenarsi per il pedaggio di una arteria progettata su un percorso oggi gratuito».

Follesa nel dettaglio cita il documento di sostenibilità finanziaria del progetto fornito da Iccrea Banca Impresa a Sis. «La sezione allegato uno collocata alle pagine 27 e 28 della integrazione della convenzione datata 18 dicembre 2013 e rogitata dal notaio Alberto Gasparotti di Mestre specifica il tutto. Ci sono 2,25 miliardi di costi iva esclusa; 615 milioni di contributo pubblico e un bonus pubblico aggiuntivo pari a 30 milioni annui per 15 anni pari a 450 milioni». L'architetto attacca ad alzo zero: «Si tratta della prova provata di ciò che pubblicamente sospettavamo da anni. Non mi interessa sapere - prosegue Follesa - se quei quattrini non usciranno dalle casse pubbliche perché compensati dagli alti introiti dei pedaggi. Tutti sanno che volumi di traffico così alti non si registreranno mai. Per cui quei soldi li tirerà fuori la regione; molto probabilmente tagliando prestazioni essenziali come sanità, servizi alla persona e risorse per la salvaguardia idrogeologica».

Per vero Vernizzi respinge seccamente le accuse al mittente. Parla di lamentele trite e ritrite. Spiega che il contratto è stato scritto in ossequio ai dettami del codice degli appalti pubblici. Stigmatizza l'iniziativa di Zanoni e ribadisce che la segretezza delle carte era stata sancita anche da un parere pro veritate della avvocatura dello Stato. Zaia però al riguardo tace.

L'intera vicenda tuttavia potrebbe ulteriormente ingarbugliarsi. Se Zanoni infatti si dice pronto ad informare le autorità europee «affinché si valutino eventuali violazioni delle direttive sulla concorrenza» il Covepa è pronto a ritornare alla procura della repubblica di Venezia per un nuovo esposto.

Ma c'è di più. Una incognita di natura differente arriva da Panama. L'autorità che sovraintende all'allargamento del canale navigabile tra Pacifico e Atlantico non ha autorizzato un nuovo contributo al soggetto che ha realizzato i lavori al 70%: un consorzio formato dalla italiana Impregilo e proprio da Sacyr. Sicché la domanda è nata spontanea. La mazzata rimediata da Sacyr a Panama in quali acque finanziarie metterà Sacyr e quindi Sis? Quest'ultima vedrà immutata la sua capacità di reperire fondi presso le banche o altri enti pure a fronte di un intoppo di tale portata? E ancora quanto pesa questa vicenda in relazione al destino di Spv giacché le difficoltà di Sacyr erano addirittura state descritte in un cablo attribuito al dipartimento di stato Usa e finito addirittura nel caso Wikileaks?

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