In queste ore apprendiamo dai media regionali di come la giunta regionale veneta abbia definitivamente messo nero su bianco quanto costerà la Superstrada pedemontana veneta veneta ai contribuenti per i prossimi tre anni ossia dal 2025 al 2027. Si tratta di un salasso da 110 milioni: un salasso dovuto al fatto che per contratto la Regione Veneto è obbligata a remunerare il lucro mancato da pedaggi che il concessionario privato il quale l'ha costruita e la gestisce, la Sis, si aspetta dagli utenti che utilizzano l'infrastruttura. La quale, nota anche come Spv, connette, lungo un'asta di 94 kilometri, con pedaggi cari come un rene, questa la ragione del poco traffico, Montecchio Maggiore nel Vicentino a Spresiano nel Trevigiano.
Orbene, quando per primi noi attivisti della rete ambientalista sollevammo il problema, anticipando numeri e cifre, fummo tacciati da complottisti: oggi il tempo ci ha reso giustizia. Non più tardi di un annetto fa gli aficionadios del governatore leghista veneto Luca Zaia sminuivano le nostre preoccupazioni: parlano di volumi di traffico in aumento, parlavano di segno rosso che si sarebbe assestato al massimo sui trenta milioni (senza spiegare se la cosa fosse su base annuale o triennale) come se comunque quello che di fatto è un debito che pesa sulle tasche del contribuente veneto, fosse invece ricco cotillon per chi negli anni ha creduto in questo eldorado di cemento e plastica.
Più volte il governatore Zaia, ha cercato di salvarsi in corner affermando che la Spv l'ha ereditata dal suo predecessore, il governatore azzurro Giancarlo Galan. Zaia però racconta delle frottole. Sa benissimo che la sua Lega e lui stesso da giovane presidente della Provincia di Treviso, assieme alla sua parigrado vicentina Manuela Dal Lago, leghista come lui, fu uno dei motori politici della iniziativa.
Di più, Zaia siede sulla seggia più alta di palazzo Balbi ininterrottamente da quattordici anni. Come abbiamo detto e documentato avrebbe avuto mille modi per rescindere quella convenzione tossica che lega i veneti alla Sis. Nel 2013 infatti credette a Renato Chisso e alla sua SPV. Addirittura nel 2017 l'ha aggiornata in peggio, dal punto di vista dell'interesse collettivo. Il fatto che Zaia in questa sorta di excusatio non petita sia poco credibile lo dimostra un'altra circostanza. La Regione Veneto ha avviato l'iter per la Treviso mare. E nonostante i trascorsi e il patatrac della Spv ancora una volta palazzo Balbi non ha scelto, per realizzarla, la formula di un semplice appalto. No, il nostro amato gran visir del prosecco, ancora una volta, ha scelto la formula privatistica della finanza di progetto o project financing per dirla con gli economisti, affidandosi, almeno per le battute iniziali, ancora alla Sis: errare è umano, perseverare è diabolico verrebbe da dire. Adesso scopriamo che i collaudatori Liani e Mucilli, che ha nominato per SPV il povero Zaia, sono implicati in un’inchiesta della procura di Milano per un nuovo caso di corruzione dove è anche coinvolta la SIS.
Proprio la Sis tra l'altro ha un bel po' di pendenze proprio con la Regione Veneto e proprio per alcune questioni irrisolte che vanno dagli importi iva indebitamente percepiti fino alla mancata realizzazione delle opere accessorie, fino alle magagne ambientali che riguardano la presenza dei temibili derivati del fluoro noti come Pfas a ridosso dei cantieri. La giunta regionale, anziché dare vita ad una battaglia legale senza esclusione di colpi, ha invece deciso di accarezzare il problema preferendo la via dell'arbitrato. Quali sono i motivi, più o meno celati, di una scelta per l'ennesima volta sciagurata? Evitiamo poi, almeno per oggi e per carità di patria, ogni riferimento alle ripercussioni ambientali di un'opera che da questo punto di vista fa sentire la sua presenza in una regione colpita da una cementicazione mortifera e demente, nella quale la superstrada ha ben aggravato la situazione.
Massimo M. Follesa portvaoce OvestVI CoVePA
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